Obbligo di manutenzione del patrimonio stradale in capo al Comune proprietario. Sussistenza della giurisdizione dell' AGO e legittimazione attiva dei proprietari dei fondi finitimi. Nozione di periculum in mora come pericolo di pregiudizio grave ed irreparabile ai diritti (di rango costituzionale) alla salute e all'integrità personale.
TRIBUNALE DI ROMA
– sezione seconda civile –
IL GIUDICE DESIGNATO
Letto il ricorso ex articolo 700 c.p.c. iscritto al numero 9259 del ruolo generale delle misure cautelari dell'anno 2003, proposto da
XXYY, tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Caio Mario n. 13 presso lo studio degli avvocati Mauro Longo e Barbara Morbinati, che li rappresentano e difendono giusta procura a margine del ricorso,
Ricorrenti
contro
COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via del Tempio di Giove n. 21 presso gli Uffici dell' Avvocatura comunale, rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Lesti, giusta procura Notaio Mazza rep. 48977 rogito 14555 del 15 luglio 2002,
Ricorrente
visto l'articolo 669-sexies c.p.c.
esaminati gli atti,
RILEVATO IN FATTO
che, i ricorrenti, proprietari di fondi confinanti con la strada di via Castel Romano, che è di proprietà del Comune di Roma e collega la strada statale 148 Pontina con Pratica di Mare, hanno chiesto al Tribunale, con ricorso depositato il 13 febbraio 2003, l'emanazione di un provvedimento d'urgenza per l'eliminazione della situazione pregiudizievole per la salute costituita dalla presenza lungo la strada di giganteschi alberi pericolanti, in stato di abbandono (alcuni dei quali già caduti con pregiudizio per cose), dalla sporgenza delle radici sul manto stradale reso per ciò in alcuni punti non più transitabile, da allagamenti determinati dal mancato funzionamento delle cunette di deflusso dell'acqua piovana, dalla presenza di rifiuti abbandonati che hanno finito con il trasformare la zona in una discarica abusiva;
che il Comune di Roma, proprietario della strada si è costituito con memoria depositata in cancelleria il 26 febbraio 2003, eccependo il difetto di giurisdizione dell' A.G.O. a favore del G.A. in sede esclusiva ai sensi dell' art. 34 del D. Lgs 80/98 così come modificato dall'art. 7 della L. 205/00 e chiedendo il rigetto del ricorso per difetto dei presupposti di legge;
che, a sostegno del ricorso, è stata prodotta una documentazione fotografica sullo stato dei luoghi e sulle fonti di pericolo imminente per la salute
OSSERVA IN DIRITTO
Che l'eccezione pregiudiziale (difetto di giurisdizione a.g.o.), sottoposta all'esame del Giudice designato dalla difesa del Comune di Roma non è fondata e va rigettata;
che infatti, nel caso di specie, la domanda principale, di cui il richiesto provvedimento mira ad anticipare provvisoriamente gli effetti, è diretta a far valere in via ordinaria il diritto alla tutela della salute umana rispetto a condotte colpose omissive dell'amministrazione nella manutenzione del manto stradale e della vegetazione che lo fiancheggia;
che sul punto, è giurisprudenza consolidata che il giudice ordinario ha il potere di inibire tutti gli atti o comportamenti (anche della pubblica amministrazione) che possano determinare un pregiudizio ai diritti fondamentale, in particolare alla salute del cittadino o di una determinata collettività;
che la tutela incondizionata dei diritti fondamentali ha trovato e trova il suo aggancio diretto nella rivisitazione delle norme costituzionali (artt. 2 e 32 Cost.), interpretate in chiave precettiva e non più programmatica; che, alla stregua di tali considerazioni, è ormai pacifico che l'amministrazione non ha alcun potere di incidere sui diritti della personalità o, quanto meno, sul loro contenuto minimo essenziale, abilitando il privato, in caso di violazione di essi, ad ottenere, prima della sentenza di merito, i necessari provvedimenti cautelari ex art. 700 c.p.c. nelle more del giudizio, sicché il diritto alla salute, garantito dall'articolo 32 della Costituzione è, secondo l'efficace espressione utilizzata dal S.C. "sovrastante all'Amministrazione, di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di interesse pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo ma neanche di pregiudicarlo nel fatto, indirettamente. E' un diritto "primario" ed "assoluto" dell'individuo nei cui riguardi l'Amministrazione, spoglia delle prerogative pubblicistiche, non soltanto non ha potere ablatorio ma può essere passibile di provvedimento inibitorio da parte del giudice naturale dei diritti".(così, Cass. S.U. 2092/1992 e Cass. S.U. 1990/5714; si vedano anche Cass. S.U. n. 2999/1989, Cass. S.U. 6 n. 3164/1975).
che la giurisdizione dell'A.G.O., per l'istanza in esame, non può dirsi venuta meno a seguito dell'art. 34 del D.Lgs. 80/98, per come modificato dalla legge 205/00, che prevede la devoluzione al G.A. in sede di giurisdizione esclusiva di "tutte le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle Amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati in materia urbanistica ed edilizia. Agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio"
che indubbiamente la nozione di urbanistica, così come elaborata ai soli fini processuali ("ai fini della presente legge") dal combinato disposto degli artt. 34 del DLGS 80/98 e 7 L. 205/00 e interpretata dalla giurisprudenza (cfr. Cass. 432/00 e Cass. SSUU 494/00), investe ogni tipologia di "uso" del territorio, non più solo di carattere precettivo, pianificatorio o dirigistico del suo assetto e della sua gestione programmatica, ma anche concretamente operativo e trasformativo, andando così ad interferire con altre materie (paesaggio, ambiente, tutela del patrimonio storico, artistico e culturale, espropriazioni) benché non vi siano a rigore ricomprese, soprattutto dopo l'entrata in vigore della legge 205 che ha liberato la norma dall'ingombrante peso dei limiti della delega.
che quanto sopra non comporta però che ogni comportamento della PA sia riconducibile alla giurisdizione ex art. 7 L.205/00; è infatti necessario che vi sia una qualche attinenza con l'urbanistica intesa nel senso precisato o con le "altre" materie ad essa connesse (come eventuali comportamenti materiali equivalenti ad un provvedimento amministrativo – cd. comportamenti concludenti o provvedimenti impliciti) o, al più, quei comportamenti tenuti in carenza di potere in concreto in cui comunque non manca una norma attributiva di poteri funzionali (come la cd. occupazione appropriativa);
che, nel caso di specie, non viene in considerazione un "comportamento" della PA, espressivo di poteri funzionali ricollegati ad un qualche "uso pianificatorio" o di gestione "urbanistica" del territorio nel senso sopra visto, ma rilevano meri comportamenti omissivi violativi di quei doveri generali di comune prudenza e diligenza, nonché della buona tecnica, che incombono sulla P.A. quale proprietaria, ai pari di un qualsiasi altro soggetto, a prescindere da scelte discrezionali; che, in particolare, l'atteggiamento di incuria e di abbandono della via Castel Romano da parte del Comune proprietario prescinde da ogni valutazione discrezionale sulla pianificazione o anche soltanto sulla gestione operativa della zona (è del resto intuitivo che adottare dei provvedimenti che valgano a migliorare le condizioni di sicurezza del manto stradale è cosa ben distinta dalla pianificazione del traffico);
che la documentazione in atti, in particolare la documentazione fotografica allegata da parte ricorrente, attesta lo stato di abbandono dei luoghi in questione, il pericolo imminente della caduta di enormi alberi (pini secolari) lungo la strada con grave pericolo per l'incolumità dei residenti nella zona e di coloro che l'attraversano per andare a lavorare nelle aziende ivi operanti, la fatiscente situazione del sedime stradale e dell'area di pertinenza, a causa della sporgenza delle radici dei pini, con grave pericolo per la sicurezza stradale, la presenza incontrollata di rifiuti d'ogni specie, qualificabili alla stregua di vere e proprie discariche abusive (cfr. doc. 15 allegato al ricorso);
che lo stesso Comune di Roma, proprietario della strada, sollecitato dalle richieste di intervento dei ricorrenti, ha riconosciuto l'urgenza di un intervento rapido e radicale (docc. 3-4-5-6-8-11-12-14.3); in particolare all'esito del sopralluogo disposto il 19 aprile 2002, l'ufficio infrastrutture del Municipio XII del Comune di Roma ha invitato, con missiva del 26 aprile 2002, gli organi competenti "a provvedere con la massima urgenza alla bonifica della via" (doc. 5), invito ribadito nelle successive missive del 30 aprile 2002, dove è sottolineata "… l'urgenza e la constatata pericolosità del caso" (doc. 6), del 4 giugno 2002 dove è descritta "….una situazione di reale pericolo dovuta alla presenza di alberature (pini) che nel corso degli anni hanno dissestato il manto stradale rendendolo inagibile e non garantendo più le necessarie condizioni di sicurezza" (doc. 8), del 16 luglio 2002 in cui è ribadita l'urgenza della bonifica della via "per la presenza di discariche abusive"
che risulta agli atti (doc. 13) la caduta, a causa del forte vento, di rami di grosse dimensioni e il danno alla recinzione della proprietà di uno dei ricorrenti, risarcito dall'assicurazione del Comune di Roma convenuto;
che sussiste il pericolo che il ripetersi di simili episodi possa attentare all'incolumità delle persone ed all'integrità dei beni dei ricorrenti;
che, in particolare, sotto il profilo del fumus boni juris, sulla base della documentazione allegata e sia pure nei limiti della cognizione sommaria del presente giudizio, appare sussistente il diritto dei ricorrenti ad ottenere un provvedimento inibitorio a tutela del diritto soggettivo alla salute, oltre alla condanna generica richiesta dai ricorrenti (che, com'è noto postula soltanto l'accertamento del fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose);
che appare altresì fondato il timore dei ricorrenti che, nel tempo occorrente per far valere in via ordinaria il loro diritto, il perdurare della situazione di pericolo a causa della omessa vigilanza e custodia della P.A. possa cagionare un pregiudizio irreparabile al bene primario della salute;
che, accertata, sia pure in via sommaria, la sussistenza dei presupposti dell'art. 700 c.p.c., si rende necessario disporre per l'immediata rimozione della situazione di imminente pericolo indipendentemente dalla scelta dei mezzi impiegati per raggiungerlo che viene rimessa alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione resistente;
P.Q.M.
ACCOGLIE il ricorso e, per l'effetto, DISPONE che il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, adotti con l'effetto immediato ogni opportuna e possibile cautela tecnica (compresa, a titolo di esempio, la potatura degli alberi pericolanti, l'innalzamento del manto stradale per far fronte alle sporgenze delle radici degli stessi, la rimozione del materiale abbandonato) od amministrativa (come, a titolo di esempio, la previsione di un limite di velocità per quel tratto di strada, l'apposizione di segnaletica di pericolo,) per rimuovere la situazione di pericolo indicata in motivazione;
FISSA il termine di giorni trenta per l'inizio del giudizio di merito;
spese al giudizio definitivo.
Così deciso in Roma il 26 marzo 2003