LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
SENTENZA
FATTO
Con sentenza del 23/10/2001 il G.U.P. del Tribunale del Campobasso assolveva L. N. dal reato di cui agli artt. 81, 314 c.p., in relazione a trentadue telefonate che nel periodo 30/3- 29/5/1998 avrebbe fatto per uso personale, utilizzando l’utenza del Provvedimento alle Opere Pubbliche per il Molise di Campobasso, del quale era dipendente.
Avverso la detta sentenza, motivata essenzialmente sulla sporadicità dell’uso della linea telefonica al quale è riconducibile l’esborso di un importo esiguo se non insignificante, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Campobasso lamentando l’erroneità della decisione, essenzialmente per il fatto che l’affermata insussistenza del reato per effetto della rilevanza attribuita ad un dato puramente quantitativo, quale il limitato numero di telefonate, avrebbe surrettiziamente e illegittimamente introdotto una soglia di punibilità non prevista dal legislatore.
Ne sarebbe condivisibile, secondo il giudicante, altro argomento svolto in casi analoghi da questa Corte, argomento consistente nel maggior disservizio che si determinerebbe per l’amministrazione nel caso di allontanamento forzato del dipendente per necessità telefoniche, potendo tale esigenza essere convenientemente soddisfatta con il ricorso alle moderne tecnologie.
DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il giudice dell’udienza preliminare ha infatti dedotto, dal dato certo ed incontestabile di un numero estremamente limitato di telefonate per motivi personali, che l’imputato non abbia fatto a tale fine fisiologicamente ricorso all’utenza dell’ufficio, ma che a ciò viceversa sia stato indotto da infrequenti ed occasionali esigenze, con un comportamento dunque astrattamente idoneo ad essere interpretato come espressione del caso eccezionale, alla cui sussistenza l’ordinamento riconosce espressamente la deroga all’uso del telefono da parte del pubblico dipendente (principio d’altro canto più volte recentemente affermato da questa Corte.
Sul punto si vedano da ultimo Cass. 15/2/2000, n. 3879, Cass. 5/3/2001, n. 927), con gli eventuali riflessi che possono derivarne sul piano disciplinare o sotto altri aspetti, nel caso di accertata mancanza dei presupposti idonei a giustificare una deroga, pur in via di principio ipoteticamente configurabile.
Si tratta dunque di valutazione in fatto e immune da vizi logici, incensurabile come tale è in questa sede di legittimità, alla quale consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso .
Roma, 14/1/2003.
Depositata in Cancelleria il 14 febbraio 2003.