Corte di cassazione Sez. II civ.Sentenza 26 giugno 2006, n. 14735
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione notificato in data 8 ottobre 1999, B. Giuseppe conveniva P. Pietro, amministratore del Condominio di via E. Fico 30/40 di Sestri Levante, innanzi al Giudice di pace di quella città.
L’attore in primo luogo assumeva l’erroneità della spesa addebitatagli per il consumo dell’acqua potabile e chiedeva quindi il rimborso di quanto (lire 948.448) versato in più rispetto al dovuto. Inoltre, si doleva che la battitura di panni e di tappeti nonché lo scuotimento di tovaglie da tavola dai piani superiori avvenisse oltre l’orario previsto dal regolamento di condominio nonché dal regolamento di polizia urbana e fosse effettuato da tutte le finestre, anziché soltanto da quelle prospicienti la pubblica via. Lamentava, altresì, l’attore, che uno stendibiancheria posto al quinto piano dello stabile (fuori della finestra dell’int. 8), sul muro perimetrale, fosse di turbamento al decoro architettonico dell’edificio.
Infine, l’attore censurava l’inerzia dell’amministratore, il quale – benché più volte invitato ad intervenire al riguardo – non aveva invece adottato alcun provvedimento.
Il convenuto P. si costituiva dapprima in proprio e successivamente (a seguito del dichiarato intento del B. di voler procedere nei confronti del condominio) quale amministratore pro tempore del condominio.
Nel corso del giudizio l’attore rinunciava alla domanda di rimborso di quanto asseritamente versato in eccedenza per il consumo dell’acqua potabile.
Il Giudice adito, con sentenza 321/2000, dichiarava il P. tenuto a far osservare le norme del regolamento condominiale, seguendo le vie più opportune, relativamente agli orari ed ai luoghi di battitura dei panni e dei tappeti, nonché allo scuotimento delle tovaglie.
2. La sentenza veniva appellata dal P. il quale eccepiva in primo luogo l’incompetenza per materia e per valore del Giudice adito per essere stata proposta una domanda in parte di valore indeterminato, rientrante nella competenza del Tribunale, ed in parte diretta a far valere l’inadempienza dell’amministratore rispetto al mandato conferitogli: materia, questa, del pari estranea a quella attribuita al Giudice di Pace.
Nel merito, poi, l’appellante assumeva l’erroneità della decisione, per non avere il Giudice di pace tenuto conto che, per ritenere censurabile il comportamento dell’amministratore, occorreva che fosse stata accertata la responsabilità dei singoli condomini per le attività contrarie al regolamento, mentre il B., che ne aveva interesse, non aveva fornito alcuna prova al riguardo.
Infine, l’appellante contestava la regolamentazione delle spese adottata dal primo Giudice.
Costituitosi nel grado, il B. chiedeva il rigetto dell’appello.
Con sentenza 1337/2002, depositata l’11 settembre 2002, il Tribunale di Chiavari rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle relative spese.
In ordine alla sollevata questione di competenza, ne rilevava la fondatezza: tuttavia, ritenendo la insussistenza di alcuna delle ipotesi di rimessione della causa al primo giudice contemplata dall’art. 354 c.p.c., decideva la controversia nel merito.
In proposito, i giudici di appello rilevavano che il P. era stato chiamato dal B. a rispondere del proprio operato negligente ed omissivo a fronte delle indicate violazioni del regolamento condominiale, e che l’indicata situazione di fatto – del resto non contestata dallo stesso P. – bene giustificava il convincimento cui era giunto il primo Giudice.
Ad avviso del Tribunale doveva inoltre tenersi conto che il regolamento condominiale prevede delle sanzioni pecuniarie per i condomini che si siano resi responsabili di infrazioni al regolamento stesso e che in tal caso l’amministratore ha il potere di applicare tali sanzioni ai trasgressori; mentre il P., in tale veste, non aveva assunto alcuna iniziativa atta ad impedire le violazioni del regolamento, né assunto alcun provvedimento sanzionatorio.
3. Avverso tale sentenza, notificata il 5 novembre 2002, ha proposto ricorso per cassazione il P. con atto notificato il 23 dicembre 2002, sostenuto da due mezzi di doglianza.
Resiste con controricorso il B.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3.1. Con un primo motivo il ricorrente deduce violazione delle norme sul contraddittorio, per avere il Tribunale deciso ultra petita.
Il Tribunale non avrebbe tenuto conto che l’appello contro la sentenza di primo grado era stato proposto dal P. non in proprio ma nella qualità di amministratore del Condominio, sicché la decisione doveva riguardare soltanto tali parti.
Invece la sentenza di appello sarebbe stata emessa nei confronti di un terzo (il P., in proprio, come libero professionista inadempiente al mandato ricevuto), nonostante che la mancata impugnativa del capo di sentenza di primo grado che aveva condannato il P. in proprio, avesse determinato il formarsi, sul punto, della cosa giudicata.
La doglianza non ha fondamento.
Anzitutto va osservato che il ricorrente si duole, nella sostanza, che la sentenza sia stata emessa nei confronti di un soggetto non legittimato.
Pertanto, appare del tutto impropria la deduzione di un vizio di ultrapetizione: che, come è del tutto pacifico, si configura soltanto laddove il giudice abbia pronunciato oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato.
Ciò posto, e circoscrivendo l’esame della doglianza alla questione del difetto di legittimazione, va rilevato che al giudizio di primo grado il P. ha partecipato sia in proprio che come amministratore pro tempore del Condominio.
D’altro canto, con l’appello il P. ha investito la sentenza del Giudice di pace nella sua interezza deducendo (come risulta dal relativo atto, che questa Corte esamina stante la deduzione di un error in procedendo) l’illegittimità della decisione per avere accolto la domanda del B. anche nei confronti di esso P., convenuto personalmente in giudizio. A questa stregua, risultando l’impugnazione del P. essere stata proposta anche con riguardo alla contestata sua citazione in proprio nel giudizio di primo grado, ne consegue che il giudice d’appello ha del tutto correttamente conosciuto dell’impugnazione nei confronti di chi era stato parte anche “in proprio” nel giudizio di primo grado e non certo nei confronti di un soggetto rimasto ad esso estraneo.
3.2. Con un secondo, subordinato, motivo, il ricorrente deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 1130 c.c.
Il Tribunale non avrebbe considerato che lo scuotimento di tovaglie – con conseguente cadute di residui sulla altrui proprietà privata – non consentiva alcun intervento coercitivo all’amministratore, spettando al singolo condomino, danneggiato dal comportamento di altri condomini, di far valere i suoi diritti nei confronti degli autori del fatto dannoso.
Inoltre, con riguardo al dedotto mancato rispetto dell’orario per la battitura di panni e di tappeti, il Tribunale non avrebbe considerato che soltanto l’assemblea dei condomini avrebbe potuto dare mandato all’amministratore di accertare chi o quali fossero gli autori dei fatti lamentati dal B.: non avendo lo stesso amministratore, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, alcun autonomo potere coercitivo, nascente dal regolamento condominiale.
Le censure, che, nonostante il formale richiamo a violazione di legge, si risolvono sostanzialmente in doglianze di fatto non consentite nel giudizio di legittimità, sono comunque prive di giuridico fondamento.
Al riguardo va infatti osservato, per un verso, che i fatti materiali lamentati dal B. (il mancato rispetto, da parte di singoli condomini, degli orari per lo scuotimento di panni e tovaglie e per la battitura dei tappeti, nonché l’inerzia dell’amministratore a fronte di tali condotte, tenute da alcuni condomini) sono stati ritenuti in se stessi pacifici: diverse – come si è visto essendo le difese del P. a fronte delle relative avverse deduzioni.
Orbene, una volta accertati tali fatti materiali, ritiene la Corte che del tutto correttamente il Tribunale di Chiavari abbia ritenuto addebitabile al P. la condotta inerte lamentata dal B. a fronte dei menzionati comportamenti, contrari al regolamento condominiale.
Invero, al fine di attivarsi per far cessare gli abusi, l’amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare, posto che egli è già tenuto ex lege (art. 1130, comma 1, c.c.: ex plurimis, cfr. Cass. 14088/1999; 9378/1997) a curare l’osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all’abitabilità dell’edificio; ed è altresì nelle sue facoltà, ai sensi dell’art. 70 disp. att. c.c., anche quella di irrogare sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili di siffatte violazioni del regolamento (Cass. 8804/1993): ove lo stesso – come del resto nella specie accertato dai giudici di appello – preveda tale possibilità.
La contraria opinione espressa al riguardo dal ricorrente – il quale nega che il regolamento condominiale contempli l’applicabilità di sanzioni pecuniarie ai condomini che abbiano violato il regolamento stesso – integra all’evidenza un vizio di tipo revocatorio, che tuttavia, non essendo deducibile in sede di legittimità, non può perciò stesso essere preso in considerazione nel presente giudizio.
4. Alla stregua dei rilievi tutti che precedono il ricorso deve essere rigettato.
Quanto alle spese del presente giudizio, si ravvisano giusti motivi di compensazione delle stesse.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate fra le parti le spese del presente giudizio.