Il singolo condomino non può abusare del cortile comune parcheggiando la propria auto.

di | 24 Febbraio 2004

E’ quanto stabilito dalla Suprema Corte con la Sentenza 24 febbraio 2004 n. 3640, in tema di godimento del bene comune.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

(Dott. Alfredo MENSITIERI – Presidente, Dott. Rosario DE JULIO – Relatore)

Fatto

Con atto di citazione notificato il 26.2.1996 F.V. e S.A. convenivano in giudizio avanti il pretore di Milano – Sez. distaccata di Legnano – B.V. e ne chiedevano la condanna alla rimozione della autovettura Fiat 500 da lui parcheggiata nel cortile comune antistante l’abitazione degli attori ed al risarcimento dei danni.

Il B. nel costituirsi eccepiva di aver ceduto la proprietà della vettura al padre G..

G. B. spiegava intervento volontario nel procedimento e resisteva eccependo la litispendenza con altra causa (RGN 22906/1994) pendente tra le stesse parti e in grado di appello avanti ad altro giudice del Tribunale di Milano avente il medesimo oggetto.

Nel corso dell’istruttoria le parti davano atto che l’autovettura era stata sostituita con una Fiat 126, ed il Pretore, al termine di essa, emetteva sentenza del 6.11.97, con cui accoglieva l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di B.V. e respingeva quella di litispendenza; in accoglimento della domanda degli attori condannava B. G. a rimuovere l’autovettura dal cortile antistante la abitazione di F. e S..

B. G. proponeva appello e ribadiva l’eccezione di litispendenza e la legittimità del proprio comportamento ai sensi dell’art. 1102 c.c.

Il Tribunale adito, con sentenza 9518/2000 del 27.7.2000, respingeva l’eccezione di litispendenza con la causa n. 22906/99, pendente innanzi al tribunale di Milano, avente ad oggetto la turbativa della proprietà esclusiva o comune del cortile, confermando altresì la sentenza del pretore, ritenendo che la collocazione continua della autovettura del B. in uno spazio comune del cortile costituisce un abuso del diritto del comproprietario ed impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello stesso spazio.

Avverso la sentenza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione B. G. con due motivi.

F.V. e S.A. resistono con controricorso.

Diritto

Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) con riferimento all’art. 1102, 1° comma, cod. civ., per avere il Tribunale erroneamente affermato che il ricorrente, occupando una porzione del cortile comune con la sua modesta autovettura di piccola cilindrata, ha impedito il pari uso del cortile comune, pregiudicando l’uguale diritto di F.V. e S.A. di passare nel detto cortile e di parcheggiare a loro volta una automobile, essendo molto esiguo lo spazio occupato dal B..

Deduce il ricorrente che F. e S. potevano esercitare sul cortile comune ogni attività di esercizio e godimento del loro diritto di comproprietari dello spazio; che la destinazione dello stesso non era stata in alcun modo mutata, per cui il comportamento del B. non poteva essere censurato essendo pienamente legittimato dall’art. 1102 cod. civ.; che la sentenza impugnata risultava insufficientemente motivata, perché non spiegava il concetto di uso comune ed in quale modo verrebbe turbato o impedito dal B..

Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) con riferimento all’art. 39 c.p.c., perché il Tribunale ha omesso di considerare che l’oggetto della causa di appello consisteva nell’accertamento dell’occupazione abusiva del cortile, che aveva come presupposto l’accertamento della proprietà comune del cortile stesso, oggetto di altro procedimento civile tra le stesse parti innanzi al Tribunale di Milano; e che vi è litispendenza ogni volta che vi siano pendenti due cause tra le stesse parti aventi medesimo “petitum” e “causa pretendi”, innanzi a giudici diversi; che nella causa in esame il “petitum” consiste nella rimozione del veicolo dal cortile comune, adducendo la turbativa dell’uso comune, mentre nell’altra causa si chiede la rimozione del veicolo dal cortile adducendo la turbativa del pieno godimento dell’abitazione.

Conclude il ricorrente che il Tribunale, per il principio del “ne bis in idem”, di cui all’art. 39 c.p.c., avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità del processo, imponendo la cancellazione dal ruolo della causa posteriormente iscritta.

Il primo motivo è infondato e va respinto, perché il Tribunale ha correttamente ritenuto: che la condotta del B. nel mantenere ferma per lunghi periodi di tempo la sua autovettura ha manifestato l’intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, trattandosi di occupazione stabile di uno spazio comune; che detta condotta ha costituito una sorta di abuso, impedendo agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà; che il comportamento posto in essere dal B. G. non può essere ricompreso nelle facoltà concesse al comproprietario ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., perché tale uso non può alterare la destinazione del bene comune e non può impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della stessa cosa (cfr. “ex multis” Cass. sentt. n. 7652/1994, n. 7752/1995, n. 11520/1999, n. 1499/1998).

Anche il secondo motivo è infondato e va respinto, per la diversità della “causa pretendi” delle due cause, come riconosciuto da entrambi i giudici di merito, i quali hanno individuato il “petitum” del presente giudizio nella domanda di manutenzione nel possesso del cortile, mentre nello altro giudizio nella domanda di manutenzione nel possesso dell’abitazione.

La motivazione della sentenza impugnata è puntuale, ampia, corretta ed esente da vizi logici o da errori di diritto.

Respinto il ricorso, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 91,00 per spese ed in euro 1500,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Cosi deciso in Roma il 24 settembre 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 24 febbraio 2004.

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