Il diritto di abitazione è usucapibile da parte del convivente

di | 28 Febbraio 2002
Il convivente more uxorio, che ha convissuto con compossesso ultraventennale corrispondente al diritto reale di abitazione, di cui all’art. 1022 c.c., di una casa, di cui l’altro convivente, premorto, era proprietario, acquisisce, per usucapione, la titolarità, vita natural durante, del diritto di abitazione.
Tribunale di Torino sentenza 28-02-2002

In nome del popolo italiano

 

Tribunale di Torino

 

In persona del g. u. dott. Toscano Vincenzo, ha pronunziato, nella causa civile n.r.g.9322/99, la seguente sentenza tra

Michele, con l’avv.to Cicero per delega a margine di ri.;

 

parte attrice

 

contro

 

Caterina, con l’avv. Tertulliano per delega in calce a ri. not,

parte convenuta

Svolgimento del processo

 

Con atto, 21.12.99, Michele evocava in giudizio Caterina,  adducendo: 1) egli dalla morte del di lui padre, Rocco, avvenuta il 19.3.1998, era diventato jure hereditatis proprietario esclusivo della casa, con annesso box, sita in Torino, in Piazza …; 2) che Caterina, ex convivente del di lui padre, dalla morte di quest’ultimo continuava ad occupare sine titulo i due immobili, ove erano anche custoditi alcuni beni mobili dell’attore, rifiutandosi di rilasciare la casa ed anzi mutandone la serratura per impedire l’accesso a lui, attore.

Michele chiedeva, quindi, la condanna della Caterina al rilascio dei suddetti immobili.

Si costituiva la convenuta e chiedeva il rigetto della domanda, adducendo di aver usucapito il diritto di abitazione della casa e dichiarandosi pronta a consegnare le chiavi del box.

Sulla base degli atti versati la causa è così decisa.

Motivi della decisione

 

Va in primis evidenziato che il giudice non ritiene applicabile al processo locatizio (in cui rientrerebbero le cause di occupazione senza titolo) la norma sul processo del lavoro dell’art.429 co.I cpc, nella parte in cui prevede la lettura del dispositivo in udienza, perché il richiamo dell’art.447 bis alle norme sul processo del lavoro è fatto, in quanto applicabili. E nel processo del lavoro, che risponde ad altre esigenze sociali, la lettura del dispositivo è legata alla qualità del titolo esecutivo (art.431 co.II cpc).

L’art.1158 CC recita che la proprietà dei beni immobili e degli altri diritti di godimento sui medesimi si acquistano per usucapione ventennale.

L’art.1022 CC prevede il diritto reale di godimento di una casa, limitatamente ai bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia. Esso, per essere una sottospecie, con facoltà meno ampie, del diritto di usufrutto è intrasmissibile agli eredi (Cass.2769/53), inalienabile e incedibile. Ed è quindi acquisibile per usucapione (Cass.21.5.90 n.4562 in Arch. Civ. 90,902).

Nella presente causa Caterina, quale convivente more uxorio del defunto comproprietario dell’immobile e per avere avuto la casa de qua, in cogodimento esclusivo con il defunto Rocco per oltre venti anni, si dichiara usucapente del diritto di abitazione, dell’art.1022 CC di tale casa.

È pacifico che Caterina, attualmente ultrasettantenne, andò a vivere nella casa di Michele, che era proprietario della casa al 50% (essendo la rimanente comproprietà pro indiviso già dell’attuale attore) dal lontano ’75 da quando i due conviventi contrassero un matrimonio solo religioso e poi andarono a vivere insieme.

È pacifico che i due ex conviventi iniziarono, nella loro maturità, la loro comunione di vita, more uxorio, proprio nella casa di piazza …. e che essi costituirono una famiglia di fatto in quella casa per almeno venti anni.

Secondo la giurisprudenza di questo giudice la convivenza more uxorio, come i rapporti della famiglia legittima, danno luogo, nel caso, in cui uno dei conviventi sia possessore jure proprio, ad un vero e proprio possesso, (tutelabile anche con le azioni possessorie, sul punto cfr, Sent. Trib. PG 22.9.97, in Fo. It.97, 3686; Sent. Pret. Roma 29.5.92 in Giu. Mer. 94,651) della casa di abitazione sia in considerazione dei principi costituzionali di tutela della funzione sociale del bene-abitazione (più volte ribadito dal giudice delle leggi, cfr. Corte Costit.: Sent.23.4.86 n.108 in Fo.It. 86, I, 1145; Sent. N.178/87, ibid. 87,I,1957; Sent. 404/88 ibid. 88, I,2515) sia in considerazione che nel rapporto di fatto con il bene, costituito dal possesso tutelato ex lege, il convivente non può essere discriminato rispetto ai componenti della famiglia legittima.

E nel caso, di specie, si tratta di una convivenza ultraventennale e di un possesso pieno, cd. corpore et animo, finalizzato a soddisfare le esigenze abitative dei componenti della famiglia di fatto, che nel rapporto con la casa ha comportato anche l’onere del pagamento delle quote condominiali e delle spese di manutenzione della casa.

È possesso, conforme ex art.1140 CC al diritto reale di abitazione e tale da divenire, per usucapione diritto reale con lo spirare del ventennio. Come è appunto avvenuto nella presente fattispecie.

Non è provato che, nel ventennio 76/96, Michele avesse il cogodimento della casa, né come comproprietario-intestatario della casa, nel come figlio di Rocco ed anzi il fatto che egli avesse le chiavi di quella casa è stato smentito dall’unica testa escussa, Piatti Delfina, cugina dell’attore (e questo comportamento è valutabile negativamente nei di lui confronti ex art.116 cpc). Non è nemmeno provato che Michele nel suddetto ventennio 76/96, abbia pagato alcun onere condominiale, di manutenzione o di imposta, inerente a tale casa. Ma da quanto è emerso dalle dichiarazioni della Caterina è lei che paga gli oneri condominiali.

Inoltre la teste Delfina ha testimoniato che la volontà, più volte espressa dallo zio, era nel senso che la casa rimanesse dopo la di lui morte nel godimento esclusivo della sig.ra Caterina e fino alla di lei morte (e questa, sentita in udienza, ha riferito che così giurò anche Michele davanti al padre).

Da tutto ciò emergono presunzioni precise e concordanti ex art.2729 CC, che fanno ritenere che nella comproprietà, pro indiviso, della casa di Piazza …, già intestata a Rocco e Michele, si innestò un compossesso di godimento dei maturi conviventi Rocco e Caterina, per cui essi godevano, per reciproca volontà e comunione di vita insieme, di quella casa fino alla loro morte.

E la volontà dell’usucapente è proprio nel senso di limitare il godimento alla casa per i suoi bisogni abitativi, tant’è che ha sempre offerto ed infine consegnato il box in corso di causa all’attore.

Né nel maturato ventennio di compossesso si è inserito un atto contrario o modificativo, di godimento, da parte dell’altro comproprietario ed intestatario della casa, cioè dell’attuale attore.

Con la morte di Rocco il compossesso del diritto di abitazione si è accresciuto, nella persona di Caterina, da quando ella è rimasta sola settantenne in quella casa.

Pertanto Caterina ha usucapito il diritto reale jure proprio in ipotesi, assolutamente diversa da quella del coniuge superstite dell’art.540 co II CC, che  ha diritto all’abitazione per diritto ereditario.

Le spese si compensano per giusti motivi.

La sentenza è esecutiva ex art.282 cpc nuovo testo.

P.Q.M.

 

Il giudice, definitivamente pronunciando,

dichiara cessata la materia del contendere avente ad oggetto la domanda di rilascio del box, promossa da Michele contro Caterina;

Rigetta la domanda, avente ad oggetto la domanda di rilascio della casa di Piazza … in Torino, promossa da Michele contro Caterina;

dichiara che Caterina ha usucapito, per tutta la durata della sua vita, il diritto di abitazione, di cui all’art.1022 CC della casa di Piazza … in Torino, diventando titolare esclusiva di questo diritto contro Michele;

dichiara la sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

Così deciso in Torino il 28.02.02

Il giudice unico

Toscano Dr. Vincenzo

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