Il comportamento dilatorio della Pubblica Amministrazione ? risarcibile ex art.2043 c.c.

di | 16 Aprile 2004
L'attività della P.A., anche nel campo tributario, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche dalla norma primaria del "neminem laedere", per cui è consentito al giudice ordinario, accertare se vi sia stato da parte della stessa Amministrazione un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo; infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, dettati dall'art. 97 Cost., la P.A. è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 c.c.
Giudice di pace di Melfi, sentenza 16 aprile 2004, n. 47

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato, la sig.ra Vaccaro Isabella conveniva in giudizio l'Agenzia delle Entrate in persona del Dirigente in carica p.t., nonché la S.E.M. S.p.A., in persona del Direttore Generale in carica p.t., per sentirli condannare al pagamento della somma di Euro 550,00 a titolo di risarcimento danni patrimoniali e non, o della maggiore o minore somma da liquidare in via equitativa, con vittoria di spese ed onorari di giudizio.

Tale importo veniva richiesto poiché in data 3 maggio 2001 veniva notificata all'attrice cartella esattoriale con la quale le si ingiungeva il pagamento della somma di Euro 883,45 (Lire 1.707.610) per una iscrizione a ruolo effettuata a seguito di avviso di rettifica della dichiarazione IVA notificato il 24 ottobre 1991. Ritenendo illegittima la richiesta di pagamento la sig.ra Vaccaro depositava presso l'Agenzia delle Entrate di Melfi, in data 23 maggio 2001, istanza di autotutela con la quale si chiedeva l'annullamento della suddetta cartella esattoriale. Non ricevendo alcuna risposta e per evitare l'inoppugnabilità della cartella l'attrice era costretta a rivolgersi al proprio avvocato per proporre opposizione dinanzi la competente Commissione Tributaria Provinciale di Potenza.

In data 13 febbraio 2002 l'Agenzia delle Entrate di Melfi inviava a parte attorea una nota con la quale comunicava di "aver provveduto allo sgravio totale del F.P. n. 391/00 avendo la ditta Vaccaro Isabella definito ai sensi dell'art. 50 della legge 413/91 l'avviso di rettifica n. 812601/91".

Pertanto l'opposizione proposta dinanzi la Commissione Tributaria si estingueva per cessata materia del contendere, ma la sig.ra Vaccaro corrispondeva al proprio avvocato l'importo di Euro 300,00 per la prestazione professionale svolta. Per tutti questi motivi parte attorea riteneva di aver subito danni patrimoniali che quantificava nell'importo corrisposto al proprio legale, e danni non patrimoniali, quantificati in Euro 250,00 corrispondenti alla frustrazione, al turbamento ed allo stress che subiva a causa del comportamento colposo, illegittimo e dilatorio della P.A.

In data 20 novembre 2003 si costituiva la S.E.M. S.p.A., in persona del Direttore Generale p.t., con il deposito della comparsa di costituzione e risposta e della documentazione inerente il caso specifico.

In particolare il convenuto ente Concessionario eccepiva il difetto di legittimazione passiva, pertanto chiedeva l'estromissione dal giudizio e nel merito il rigetto della domanda poiché illegittima ed infondata.

Il 12 dicembre 2003 si costituiva l'Agenzia delle Entrate – Ufficio di Melfi, in persona del Dirigente p.t., la quale eccepiva in via preliminare il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario trattandosi di fattispecie vertente su tributi, mentre nel merito chiedeva che la domanda fosse dichiarata illegittima poiché infondata e non provata.

Trattandosi di causa documentalmente istruita, all'udienza del 26 gennaio 2004 le parti precisavano le conclusioni, mentre all'udienza del 2 aprile 2004 il Giudicante tratteneva la causa in decisione.

Solo parte attorea depositava comparsa conclusionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va precisato che la presente sentenza è pronunciata secondo equità a norma dell'art. 113, comma 2, c.p.c., così come modificato dalla l. 7 aprile 2003, n. 63, trattasi della cosiddetta "equità necessaria", che si contrappone all'"equità concordata" prevista dall'art. 114 c.p.c.

Sempre in via preliminare si ritiene infondata l'eccezione del difetto di giurisdizione del Giudice adito.

Contrariamente a quanto sostenuto dal convenuto sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario, perché parte attorea non ha richiesto al Giudicante la risoluzione di una controversia concernente l'imposta sui redditi o avente ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, ma solo il risarcimento dei danni conseguenti il comportamento colposo, illegittimo e dilatorio della Pubblica Amministrazione.

È vero che l'attuale art. 2 del d.lgs. 546/1992 contiene una formulazione più ampia rispetto al d.P.R. 636/1972 avendo ampliato la giurisdizione esclusiva del giudice tributario anche per le controversie concernenti le sovraimposte e le imposte addizionali, nonché le sanzioni amministrative e gli altri accessori (art. 2, comma 2). Tuttavia la sola previsione degli "altri accessori" non è di per sé sufficiente a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice tributario anche alle controversie sul risarcimento del danno per comportamento illecito dell'Amministrazione finanziaria. Infatti per accessori s'intendono gli aggi dovuti all'esattore, le spese di notifica, gli interessi moratori, ed al limite il maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, comma 2, c.c.

Nella specie, invece, cessato qualunque rapporto tributario tra contribuente e Amministrazione finanziaria, il primo denunzia comportamenti dolosi o colposi dell'amministrazione che gli hanno cagionato un danno ai sensi dell'art. 2043 c.c. Va riconosciuta quindi piena autonomia alla proposta azione di risarcimento del danno, che risulta non connessa ad una delle controversie tributarie indicate all'art. 2 del d.lgs. 546/1992, ma piuttosto collegata all'attività colposa dei funzionari dell'Amministrazione finanziaria.

Pertanto la posizione dedotta è quella della lesione patrimoniale che si assume subita per un illecito comportamento della P.A. rispetto a un rapporto tributario ormai del tutto esaurito che opera solo come sfondo e che non assume alcuna connessione determinante rispetto alla richiesta di risarcimento dei danni.

L'attività della P.A., anche nel campo tributario, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche dalla norma primaria del "neminem laedere", per cui è consentito al giudice ordinario – al quale è pur sempre vietato stabilire se il potere discrezionale sia stato, o meno, opportunamente esercitato – accertare se vi sia stato da parte della stessa Amministrazione un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo; infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, dettati dall'art. 97 Cost., la P.A. è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario (Cass., sez. un., 18 maggio 1995, n. 5477; Cass., sez. un., 15 ottobre 1999, n. 722).

Alla luce di tutto ciò si ritiene di dover accogliere parzialmente la domanda proposta dalla sig.ra Vaccaro, in quanto concerne il risarcimento del danno patrimoniale subito, quantificato nell'importo corrisposto al proprio avvocato per poter impugnare la cartella esattoriale erroneamente iscritta a ruolo, mentre il danno non patrimoniale quantificabile ex art. 1226 c.c. si rinviene nelle conseguenze e nei disagi provocati dal comportamento colposo e dilatorio della P.A., che poteva evitarsi se avesse annullato, in tempi brevi, in sede di autotutela la cartella esattoriale.

Il nesso di causalità, pertanto, sussiste in base al giudizio ipotetico sulla differenza tra situazione dannosa e situazione quale sarebbe stata se il fatto dannoso non si fosse verificato.

Correttamente è stato convenuto in giudizio il concessionario per la riscossione che per la riconducibilità del danno nei confronti dell'attrice è ugualmente responsabile sia per la causazione dell'evento dannoso, e sia per le eventuali conseguenze in caso di mancata impugnazione della cartella esattoriale.

Per tutti questi motivi si ritiene di dover condannare in via solidale l'Agenzia delle Entrate – Ufficio di Melfi, in persona del Dirigente p.t., e la S.E.M. S.p.A., in persona del Direttore Generale p.t., al pagamento della somma di Euro 300,00 richiesta a titolo di risarcimento danni patrimoniali, nonché della somma di Euro 100,00 corrispondenti al danno non patrimoniale subito.

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo complessivamente per l'intero giudizio.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace adito, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 200/03 del Ruolo generale Affari Ordinari e non contenziosi, ogni altra domanda, istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

– Accoglie parzialmente la domanda proposta dalla sig.ra Vaccaro Isabella e, per l'effetto, condanna in solido tra loro l'Agenzia delle Entrate – Ufficio di Melfi, in persona del Dirigente p.t., e la S.E.M. S.p.A., in persona del Direttore Generale p.t., al pagamento della somma di Euro 400,00 omnia comprensiva del risarcimento di tutti di danni subiti come specificato in motivazione;

– Condanna in solido tra loro l'Agenzia delle Entrate – Ufficio di Melfi, in persona del Dirigente p.t., e la S.E.M. S.p.A., in persona del Direttore Generale p.t., al pagamento delle spese processuali che si liquidano complessivamente in Euro 150,00 oltre rimborso forfetario del 10% IVA e CAP come per legge.

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