Infrazioni al codice della strada – Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento – Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore – Incidenza sui diritti inviolabili dell'uomo – Contrasto con il principio di uguaglianza – Irragionevole previsione di un deposito cautelare infruttifero di importo addirittura superiore alla sanzione massima edittale – Disparita' di trattamento in base alle condizioni economiche – Limitazione del diritto di azione e difesa dei cittadini (segnatamente di quelli meno abbienti).
IL GIUDICE DI PACE
Ha pronunciato la seguente ordinanza.
Nella causa civile iscritta al n. R.G. 90/03 promossa con ricorso depositato nella cancelleria dell'ufficio del giudice di pace di Asiago il 29 settembre 2003 da xxxxx, nato ad Asiago (Vicenza) il 14 novembre 1956 ed ivi residente in via Pennar n. 221, rappresentato e difeso dall'avv. Giampaolo Bau' con domicilio eletto in Asiago (Vicenza), via IV Novembre n. 16, opponente.
Contro: Provincia di Vicenza, Polizia provinciale Comando di Vicenza, amministrazione opposta.
In punto: ricorso in opposizione ex art. 22, legge n. 689/1981 avverso il verbale n. 0002087 del 9 agosto 2003 del Comando Polizia provinciale della Provincia di Vicenza.
Premesso
Con ricorso depositato in cancelleria il 29 settembre 2003, il sig. xxxxxx, come sopra rappresentato e difeso, proponeva opposizione avverso il verbale n. 002087 elevato nei suoi confronti dalla Polizia provinciale della Provincia di Vicenza in data 9 agosto 2003 per violazione dell'art. 153, comma 11, del vigente c.d.s.
La violazione contestata al ricorrente veniva sanzionata anche con la decurtazione di 1 (uno) punto dalla patente di guida del trasgressore.
Con il citato ricorso parte opponente chiedeva: in via preliminare la sospensione del verbale impugnato per gravi motivi;
in via pregiudiziale
l'accoglimento di eccezione di incostituzionalita' dell'art. 204-bis c.d.s. cosi' come introdotto dall'art. 4 del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito in legge 1ý agosto 2003, n. 214;
nel merito la pronuncia di nullita' del predetto verbale per i motivi esposti in ricorso.
Contestualmente al deposito del suddetto ricorso, il ricorrente ometteva di versare presso la cancelleria del giudice, a titolo di deposito cauzionale, una somma pari alla meta' del massimo della sanzione prevista per quel tipo di infrazione elevata dall'organo accertatore, il cui mancato versamento, peraltro, la richiamata norma (art. 204-bis c.d.s.) sanziona con la inammissibilita' del ricorso stesso da dichiararsi dal giudice.
O s s e r v a t o
L'art. 4 della legge agosto 2003, n. 214, di conversione del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, recante modificazioni ed integrazioni al codice della strada ha introdotto l'art. 204-bis che al terzo comma cosi' stabilisce: ýAll'atto del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore.
Detta somma, in caso di accoglimento del ricorso, e' restituita al ricorrente.
Tale norma, tuttavia, appare in contrasto con l'art. 2 della Costituzione "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo …" e con il successivo art. 3 "Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge …".
L'introduzione dell'obbligo di versamento di una somma, costituente un vero e proprio deposito cauzionale e per di piu' infruttifero, a carico del trasgressore che intende agire in giudizio per contestare un verbale di contravvenzione appare manifestamente iniqua e altresi' irragionevole anche in considerazione che il preteso deposito cauzionale va di gran lunga ad esorbitare nella gran parte dei casi la misura ridotta di cui viene concesso il pagamento nei sessanta giorni dalla contestazione e, in ogni caso, lo stesso minimo edittale.
Ove si consideri, poi, che l'ammontare della cauzione richiesto non e' certamente di poco conto, la norma di fatto verrebbe a consentire l'accesso alla giustizia solo ai cittadini facoltosi, rimanendo cosi' esso un mezzo di difesa riservato solo ad alcuni cittadini e, cioe', a quelli abbienti.
Ne' e' sostenibile la tesi che ai cittadini non abbienti sarebbe comunque possibile presentare ricorso al prefetto, ricorso che, come previsto dalla legge, e' indenne da versamenti cauzionali, perche' a maggior ragione e in modo macroscopico si evidenzierebbe una sostanziale ingiustizia e discriminazione trasformandosi il ricorso al giudice di pace in un mezzo di tutela piuttosto elitario e solo per ricchi.
L'art. 204-bis del c.d.s., nell'imporre al cittadino il versamento di una cauzione per accedere alla giustizia, per altro verso, pone dei gravi dubbi di incostituzionalita' anche in riferimento al diritto di difesa per tutti i cittadini sancito dall'art. 24 della Costituzione, ponendosi di fatto come un autentico ostacolo, come una barriera inaccettabile – soprattutto per i cittadini meno abbienti – per il libero accesso alla giustizia.
In effetti l'art. 24 della Costituzione se ai primi due commi assicura che ýtutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimiý e che ýla difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimentoý, al terzo comma garantisce che ýsono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
E, a tal riguardo, val la pena ricordare tra gli istituti atti a garantire il diritto di giustizia ai meno abbienti il gratuito patrocinio regolamentato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e, non ultima, la possibilita' di stare in giudizio personalmente – e quindi senza esborsi superflui e gravosi – nelle cause di fronte al giudice di pace il cui valore non eccede Euro 516,46 prevista dall'art. 82, primo comma c.p.c.
La stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 67 del 29 novembre 1960, aveva gia' dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 98 c.p.c. nella parte in cui prevedeva il potere del giudice di imporre una cauzione alla parte con conseguente estinzione del giudizio in caso di mancato versamento.
Alla luce di quanto finora osservato, la norma dell'art. 204-bis introdotta dall'art. 4 del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito nella legge 1ý agosto 2003, n. 214, di modifica del c.d.s. costitusce di fatto una sostanziale – e per certi aspetti irragionevole – limitazione di un diritto costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, compresi i cittadini meno abbienti, diritto veramente imprescindibile nella ratio della nostra Costituzione in quanto diritto riguardante i rapporti civili e dal cui travolgimento, nella fattispecie che ci riguardano, scaturirebbe un incomprensibile eccessivo esborso di denaro, forse sostenibile dai cittadini facoltosi, molto meno dai cittadini meno abbienti, da qualificarsi in estrema sintesi unicamente come puro e semplice dissuasore perche' i cittadini non si rivolgano al giudice inducendoli cosi' a rinunciare ad un diritto irrinunciabile.
Da quanto osservato deriva, a parere di questo giudice di pace, la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del c.d.s. cosi' come introdotto dall'art. 4 del decreto-legge 27 giugno 2003 n. 151, convertito nella legge 1ý agosto 2003, n. 214, nella parte in cui prevede il versamento di una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta, pena l'inammissibilita' del ricorso (art. 204-bis, comma 3) limitando cosi' il diritto di difesa dei cittadini e, in modo particolare, dei cittadini non abbienti, per violazione degli artt. 2, 3 e 24, comma terzo, della Costituzione.
Il procedimento de quo non potendo essere proseguito ne' tantomeno definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale che non appare manifestamente infondata, deve essere sospeso e gli atti devono essere rimessi, a mente dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, alla Corte costituzionale.
Sussistono, a parere di questo giudice, i gravi motivi previsti dall'art. 22 della legge n. 689/1981, per concreta possibilita' di giudicati contrastanti, per aderire alla richiesta di provvisoria sospensione del provvedimento impugnato.
P. Q. M.
Visto l'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689;
Sospende l'esecuzione del provvedimento impugnato compresa la decurtazione dei punti dalla patente di guida;
Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis, comma 3, del codice della strada nella parte in cui prevede che ýall'atto del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Detta somma, in caso di accoglimento del ricorso, e' restituita al ricorrenteý;
Sospende il presente giudizio ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che a cura della cancelleria di questo ufficio la presente ordinanza venga comunicata all'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato e venga notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
Asiago, addi' 6 ottobre 2003
Il giudice di pace: Balsamo