Svolgimento del processo
Con citazione notificata il 27/2/92 il condominio di Via (omissis) convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma, l’Arch. (omissis) deducendo: che, a seguito di vertenza, in base alla quale il convenuto aveva citato in giudizio il condominio per ottenere il risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare condominiale, subite dall’appartamento di sua proprietà, era intervenuta fra le parti, in sede di conciliazione giudiziale, una transazione in forza della quale lo Sxxx veniva autorizzato ad eseguire una copertura, a fini igienici, del cassone di rifornimento idrico collocato dallo stesso, in assenza di autorizzazione del condominio, sul lastrico solare, e lo Sxxx rinunziava a richiedere il risarcimento danni subiti dal suo appartamento; che tale transazione era subordinata alla ratifica da parte dell’assemblea che non solo non intervenne, ma fu espressamente deciso, con delibera 1.10.1991, di non ratificare,attese le violazioni urbanistiche e di progetto commesse dallo Sxxx che aveva costruito un vero e proprio appartamentino collegato a quello sottostante di sua proprietà, occupando parte del lastrico solare condominiale.
Chiedeva, pertanto, la demolizione di quanto edificato dallo Sxxx sul lastrico solare, la chiusura dell’asola creata fra l’appartamento del medesimo ed il lastrico solare di proprietà comune, il ripristino dello statu quo ante, oltre al risarcimento danni.
Lo Sxxx, costituitosi, contestava la domanda attrice asserendo di essere stato autorizzato dal condominio ad eseguire i lavori inforza dell’accordo intervenuto fra le parti in sede di conciliazione giudiziale; chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda ed in via riconvenzionale che fosse affermato il suo diritto di eseguire le opere ai sensi dell’art. 1127 c.c. con condanna del condominio al risarcimento dei danni per l’omessa manutenzione del lastrico solare nella misura accertata dal C.T.U., nella causa dal medesimo precedentemente intentata contro il condominio.
Espletata C.T.U. il Tribunale con sentenza 2.12.96 accoglieva la domanda del condominio, con condanna dello Sxxx alla demolizione di quanto abusivamente costruito, al ripristino dello stato dei luoghi; dichiarava l’insussistenza del diritto dello Sxxx di sopraelevare; condannava il Condominio al pagamento in favore del convenuto della somma di L. 43.000.000 a titolo di risarcimento danni per le infiltrazioni.
Su impugnazione principale dello Sxxx ed incidentale del condominio, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza 05/09/2001, respingeva l’appello principale ed in parziale accoglimento dell’appello incidentale riduceva in L. 35.000.000 oltre interessi la somma dovuta allo Sxxx a titolo di risarcimento danni.
Dopo aver premesso che la conciliazione giudiziale, pur potendo avere contenuto di transazione, presuppone in ogni caso l’incontro di volontà delle parti, afferma la Corte d’Appello che, non avendo l’amministratore condominiale, di per sè, il potere di disporre delle cose comuni (nella specie il lastrico solare), era onere dello Sxxx, che assumeva la dipendenze della legittimità della realizzazione da lui effettuata sul lastrico solare, dalla validità della conciliazione, dimostrare l’esistenza del potere dispositivo dell’amministratore o l’intervenuta ratifica della conciliazione giudiziale, in applicazione dei principi che regolano il fenomeno del falsus procurator; rilevando altresì che, sebbene nella citazione introduttiva del giudizio, il condominio aveva dedotto soltanto la mancata ratifica della transazione da parte dell’assemblea condominiale, tale linea difensiva presupponeva che l’amministratore avesse agito fuori o con eccesso dei suoi poteri. Poichè con l’atto di conciliazione lo Sxxx era autorizzato non solo a completare i lavori tendenti ad incorporare una parte del lastrico solare ed a realizzare su di esso una cubatura, disponendosi in via perenne del lastrico necessario per la copertura e le modifiche relative al volume tecnico, afferma la Corte d’Appello che giustamente il Tribunale ha ritenuto non opponibile al condominio il negozio posto in essere dall’amministratore in quanto non ratificato dall’assemblea; trattandosi di sottrarre in via definitiva una parte del lastrico solare all’uso comune occorreva il consenso di tutti i condomini mai intervenuto nè dedotto; e l’onere che lo Sxxx si era assunto, di trascrivere il verbale di conciliazione, dimostrava che l’accordo aveva la funzione di trasferire allo stesso una parte del lastrico solare, tant’è che la realizzazione del manufatto rendeva più che concreta la possibilità di un uso abitativo con interdizione all’uso comune di parte del lastrico solare.
Conclude sul punto la Corte d’Appello che non essendo intervenuti tutti i condomini nell’assemblea con cui si era autorizzato l’amministratore a stipulare l’accordo con lo Sxxx nè avendo mai una assemblea totalitaria ratificato il suddetto accordo, la condanna al ripristino dello stato dei luoghi andava confermata.
Quanto al diritto a sopraelevare reclamato dallo Sxxx afferma la Corte d’Appello che esso è da escludere nel caso di specie, inquanto la norma ( art. 1127 c.c.) presuppone la proprietà esclusiva del lastrico solare e consente al proprietario dell’ultimo piano di sopraelevare sempre che sia proprietario dell’interno ultimo piano e non di una parte di esso, come nella specie, è lo Sxxx. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione lo Sxxx.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale il condominio.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Deduce il ricorrente principale a motivi di impugnazione:
1) la falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di interpretazione, perfezionamento ed efficacia del contratto, di rappresentanza, di validità delle deliberazioni condominiali, conconseguente violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 345 c.p.c. e connessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; – per avere la Corte d’Appello nel ritenere l’accordo transattivo di cui al verbale di conciliazione giudiziale 17.11.1989, inidoneo a produrre effetti giuridici, per carenza del potere rappresentativo dell’amministratore del condominio che l’ha sottoscritto, erroneamente:
A) affermato essere onere del ricorrente, convenuto in giudizio provare l’esistenza del poter dispositivo a favore dell’amministratore o l’intervenuta ratifica assembleare dell’accordo di cui alla conciliazione giudiziaria, nonostante: 1) spettasse al condominio, attore in giudizio, che negava la produzione di effetti del negozio, l’onere di dimostrare di non aver prestato alcun consenso al suo perfezionamento; 2) le clausole di cui al verbale di conciliazione escludessero la volontà delle parti di condizionare l’efficacia delle obbligazioni discendenti dalla transazione ad una successiva formale approvazione da parte dell’assemblea condominiale, dal momento che: 2-1) l’amm.re era stato autorizzato alla stipula dell’accordo dalla delibera dell’assemblea straordinaria del 19.X.1989 edotta del progetto, presentato dal ricorrente alla ripartizione urbanistica del comune ed allegato al verbale di conciliazione; 2-2) la necessità di una successiva verifica dell’assemblea denotasse l’assenza di volontà transattiva; 2-3) l’eventuale discrepanza tra l’atto autorizzato e quello concluso – per essere stato posto in essere dall’amm.re privo di poteri o superandone i limiti rendesse inefficace l’accordo indipendentemente dall’operatività di qualunque meccanismo condizionante l’efficacia;
B) ritenuto aver l’amministratore superato i limiti del mandato ricevuto nonostante: 1) la tesi dell’eccesso di rappresentanza dell’amm.re fosse stata formulata per la prima volta in appello, introducendo, inammissibilmente, un tema di indagine e di decisione completamente diverso; 2) l’autorizzazione all’amm.re fosse stata conferita in funzione di una proposta transattiva formulata dal ricorrente e trasmessa al condominio; 3) l’assemblea condominiale non avesse avanzato proposte alternative e fosse consapevole che il progetto presentato al comune non dovesse essere modificato, ma solo completato;
C) ritenuto che, trattandosi di disporre di una cosa comune (il lastrico solare), la delibera avrebbe dovuto essere approvata da tutti i condomini, nonostante: 1) in nessun caso sia previsto che le deliberazioni debbano essere approvate con il consenso unanime di tutti i condomini; 2) trattandosi, nella specie, non di trasferimento, ma di concessione in uso di parte del lastrico solare, di cui il condominio continuava a restare proprietario (come risultava dalla quantificazione di un corrispettivo, sia pur simbolico, posto a carico del ricorrente per la concessione del diritto di uso) la delibera assembleare non richiedesse il consenso di tutti i condomini; 3) l’onere di trascrivere il verbale di conciliazione non poteva ritenersi indice della volontà di trasferire la proprietà del lastrico solare, dal momento che la trascrizione è prevista anche per gli atti che costituiscono o modificano il diritto di uso;
2) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1127 c.c., con conseguente omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: – per avere la Corte d’Appello, nel confermare il rigetto della domanda riconvenzionale con cui il ricorrente aveva chiesto l’accertamento del diritto di sopraelevare, erroneamente:
A) ritenuto che l’art. 1127 c.c. presupponga la proprietà esclusiva del lastrico solare da parte di chi intenda costruire, mentre la norma nell’attribuire la stessa facoltà anche al proprietario dell’ultimo piano fa ritenere che la titolarietà esclusiva del bene non sia un presupposto necessariamente valevole per entrambe le ipotesi;
B) ritenuto eh il diritto di sopraelevare ex art. 1127 c.c., spetti al proprietario esclusivo dell’intero ultimo piano, nonostante: 1) la norma riconduca l’esclusività al solo lastrico solare; 2) la negazione della facoltà di sopraelevare al proprietario di parte dell’ultimo piano non trovi alcuna giustificazione e, comunque, non sia stata motivata dalla Corte d’Appello e contrasti con la giurisprudenza di legittimità che consente, al proprietario della terrazza di copertura, a livello dell’adiacente appartamento, di sopralevare;
3) la violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno, con conseguente falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ.; l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360c.p.c., nn. 3 e 5;
– per avere la Corte d’Appello, nell’accogliere parzialmente l’appello incidentale del condominio, erroneamente riconosciuto come dovute allo Sxxx le sole spese sostenute per l’eliminazione delle infiltrazioni alle pareti del suo appartamento, e quelle per rendere impermeabile la parte del lastrico solare posta al di sopra di esso; nulla riconoscendo per il completamento dei lavori autorizzato dal condominio che ha tratto da essi, conseguentemente, un ingiustificato arricchimento.
Deduce il condominio, ricorrente incidentale a motivo di impugnazione l’errata decisione della Corte d’Appello per aver riconosciuto allo Sxxx le spese sostenute dal medesimo per rendere impermeabile la parte del lastrico solare posta al di sopra del suo appartamento, nonostante: A) le pretese infiltrazioni fossero state determinate dall’attività abusiva dello Sxxx, che ha compromesso la tenutadel lastrico solare; B) al ricorrente NON spettasse alcunchè a titolo di danni per avere egli provocato maggiori svantaggi al condominio, con l’interdizione all’uso comune di parte del lastrico solare, e con la riduzione di aria e luce ai piani sottostanti.
Va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c. la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dal condominio, va disattesa.
L’esposizione sommaria dei fatti, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3 infatti, può ritenersi, nella specie, sufficientemente svolta, in quanto attraverso la trascrizione del fatto, così come riportato nella sentenza impugnata, integrato dalle considerazioni svolte nei motivi di ricorso, è ben possibile rendersi conto delle vicende processuali, fra le parti e sulle quali si incentrano le censure proposte.
Passando, quindi, all’esame del ricorso principale, il 1^ motivo è infondato. Trattandosi di interdire, in via definitiva, all’uso comune, una parte del lastrico solare di proprietà di tutti i condomini pro indiviso; e, quindi, anche senza trasferire la proprietà, ma costituendo su di esso un diritto di uso esclusivo a favore dello Sxxx (diritto che, ritenuto soggetto a trascrizione, come argomenta la difesa del ricorrente, dovrebbe configurarsi come diritto reale); (trattandosi) cioè di porre in essere, comunque, un atto di disposizione, che implica una diminuzione del diritto di proprietà comune, non rientra nei poteri dell’assemblea condominiale, che decide con il criterio delle maggioranze, autorizzare l’amm.re del condominio a concludere transazioni che abbiano ad oggetto diritti comuni;
In tal senso è chiaro il disposto dell’art. 1108 c.c., comma 3 (applicabile al condominio in virtù del rinvio ex art. 1139 c.c.) che, espressamente, richiede il consenso di tutti i comunisti e, quindi, di tutti i condomini, per gli atti di alienazione del fondo comune, o di costituzione su di esso di diritti reali o per le locazioni ultranovennali (alle quali ben può essere assimilata la concessione in uso eslusivo a tempo indeterminato, ove a tale concessione voglia conferirsi natura obbligatoria e non reale);
consenso richiesto, conseguentemente, anche per la transazione cheabbia ad oggetto i beni comuni, potendo essa annoverarsi, in forza dei suoi elementi costitutivi (le reciproche concessioni) fra i negozi a carattere dispositivo.
E’ vano, pertanto, invocare, a sostegno del potere rappresentativo dell’amm.re, la delibera dell’assemblea straordinaria del 19.10.1989, approvata a maggioranza, essendo necessario il consenso di tutti i condomini (v. 70175/98), consenso che può essere espresso anche attraverso una delibera assembleare che esprima la loro univoca volontà negoziale, o di concedere allo Sxxx l’uso esclusivo di parte del lastrico solare comune; o di ratificare l’operato in tale senso posto in essere in nome e per conto di tutti i condomini, dall’amministratore che sia stato, in precedenza, invalidamente investito di poteri rappresentativi; ipotesi entrambe che, nella specie, non sono state poste in essere.
Essendo, perciò, l’assemblea maggioritaria priva di legittimazione a deliberare il conferimento dei poteri rappresentativi all’amm.re, per stipulare, in nome e per conto dei condomini, la transazione di cui si è detto; del tutto fuori luogo è parlare di violazione dell’onere probatorio, dal momento che il condominio attore, con il far valere l’invalidità della delibera, ha fornito la prova della sua pretesa.
Il 1^ motivo del ricorso in esame va, pertanto, respinto.
E’, viceversa, fondato nei limiti che vengano ad esporsi, il 2^ motivo dello stesso ricorso. La sentenza impugnata ha negato allo Sxxx il diritto a sopraelevare, di cui all’art. 1127 c.c., sulla base di due argomenti: il primo basato sulla proprietà comune del lastrico solare, quale risulta dal regolamento condominiale e, quindi, sull’appartenenza a tutti i condomini della colonna d’aria sovrastante il lastrico comune; il, che, secondo la Corte Territoriale, preclude al condomino di sopraelevare (per esplicito dettato normativo che richiede in capo allo stesso la proprietà esclusiva del lastrico solare; il secondo argomento che attribuisce il diritto di sopraelevare al solo condomino che sia proprietario “esclusivo” dell’intero ultimo piano, perchè la norma consentirebbe solo la sopraelevazione di un piano e non di una frazione di piano, a salvaguardia dell’armonia architettonica della copertura dell’edificio; il che nella specie, precluderebbe il diritto di sopraelevare allo Sxxx, proprietario all’ultimo piano di un solo appartamento, peraltro di modesta estensione rispetto alle dimensioni del lastrico solare.
Ora, mentre nulla quaestio sussiste in ordine al primo argomento in quanto è pacifico che lo Sxxx non è proprietario esclusivo del lastrico solare e, quindi, non può pretendere, in tale veste, di esercitare il diritto di sopraelevare; non altrettanto può dirsi in ordine al secondo argomento posto dalla Corte d’Appello a sostegno della sua decisione, dal momento che la norma che riconosce al proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale, il diritto di sopraelevare, non specifica nè che questi debba essere proprietario “esclusivo” dell’ultimo piano; nè che sia necessario sopraelevare per tutta l’estensione dell’ultimo piano. Si pone, quindi, una prima questione di diritto che la Suprema Corte deve risolvere per decidere la controversia, e riguarda la disciplina della sopraelevazione sopra l’ultimo piano dell’edificio, nel caso in cui l’ultimo piano non appartenga per l’intera estensione ad un solo proprietario, ma a più proprietari pro diviso.
La soluzione si ricava dai principi concernenti l’acquisto dei diritti reali sulle costruzioni, nonchè dalle implicazioni della deroga pattizia al principio dell’accessione ( art. 934 cod. civ.): da tutto ciò si desume l’assetto dei beni siti nell’edificio soggetto al regime del condominio.
Per la verità, costruire raffigura una delle facoltà più importanti del diritto di proprietà su un terreno. La proprietà della costruzione, come di i tutto ciò che al suolo viene stabilmente unito, dal proprietario di questo, si acquista per accessione (art. 934 cit.). Impedire che si verifichi l’acquisto – fare si che la proprietà delle costruzioni o delle opere, che al terreno vengono stabilmente unite, spetti a persona diversa dal dominus soli – è possibile in virtù del titolo. Vale a dire, in virtù di un atto negoziale, con cui il proprietario del terreno rinunci all’acquisto che si verificherebbe in suo favore in base ai principi dell’accessione; ovvero, se tale acquisto si sia già verificato, in virtù di un atto con cui egli scinda la cosa (la costruzione incorporata al suolo) in due cose distinte (la costruzione ed il suolo), eventualmente trattenendo per sè la proprietà del terreno e trasferendo ad altri la proprietà della costruzione.
La scissione, da cui deriva la costituzione della proprietà superficiaria, può essere fatta dal proprietario in due modi distinti: a) concedendo ad un terzo il diritto di costruire sul terreno e, quindi, di conseguire la proprietà superficiaria per effetto della costruzione ( art. 952 cod. civ., comma 1); b) alienando ad un terzo la costruzione già esistente e costituendo così la proprietà separata ( art. 952 cod. civ., comma 2).
Una volta che il proprietario del suolo abbia rinunziato agli effetti dell’accessione in favore del terzo, a costui, divenuto proprietario superficiario, spettano le stesse facoltà che, prima della costruzione dell’edificio, spettavano al dominus soli: compresa la facoltà di sopraedificare, cioè di aggiungere una nuova costruzione a quella preesistente. Gli effetti dell’accessione e della deroga negoziale non cambiano quando insistano sul suolo, anzichè una sola proprietà, più costruzioni sovrapposte, facenti capo a proprietari diversi. Salvo diversa e specifica disposizione per titolo, l’accessione opera volta per volta in favore del proprietario dell’ultimo piano. Se sopra l’ultimo piano qualcuno eseguisse la sopraelevazione, senza aver ottenuto prima il diritto di superficie, egli non potrebbe evitare l’acquisto della proprietà della costruzione in capo al proprietario dell’ultimo piano.
Per la verità, a mano a mano che la proprietà superficiaria viene spostata verso l’alto con la costruzione di nuovi piani, in virtù del diritto di superficie il proprietario dell’ultimo piano beneficia del diritto di sopraelevazione e acquista quanto viene costruito sopra.
Nell’ipotesi in cui l’ultimo piano sia diviso in più appartamenti, ciascuno in proprietà separata facente capo a diverse persone, ciascun proprietario ha la facoltà di sopraelevare. Il diritto di ciascuno si estende relativamente alla proiezione verticale della sua proprietà sull’ultimo piano, con la conseguenza che ciascuno ha la facoltà di costruire sopra la propria porzione di piano, utilizzando lo spazio aereo sovrastante.
In definitiva, gli atti di costituzione della proprietà superficiaria comportano la deroga al principio secondo cui superficies solo cedit e attribuiscono il diritto sulle unità costruite non al proprietario del suolo, ma ai singoli acquirenti degli immobili.
Come conseguenza dell’attività negoziale, che da origine a più proprietà esclusive sui piani o sulle porzioni di piano, relativamente al fabbricato insorge il cosiddetto “regime dualista”, consistente nella proprietà esclusiva dei piani o delle porzioni di piano e nella proprietà comune delle cose, degli impianti e dei servizi destinati all’uso comune.
Queste asserzioni non sono inficiate dalla lettera della legge, che il diritto di sopraelevazione attribuisce al “proprietario dell’ultimo piano dell’edificio…”. Nè dalla considerazione che l’art. 1117 c.c., n. 1, attribuisce la proprietà comune del lastrico solare a tutti i condomini dell’edificio.
Quanto all’attribuzione del diritto di sopraelevazione, l’uso del predicato al singolare non assume rilevanza alcuna. Poichè il diritto di sopraelevazione non è attribuito in considerazione della presenza di un unico proprietario, ma in ragione della posizione del piano nel fabbricato, i principi valgono allo stesso modo quando i partecipanti sono uno o più di uno. Allo stesso tempo, la proprietà comune del lastrico solare non influisce sulla soluzione della titolarità del diritto di sopraelevazione. Per la verità, in seguito alla costruzione sopra l’ultimo piano il lastrico solare, che adempie alla funzione di copertura dell’edificio, si sposta in altezza e la proprietà comune ed i relativi oneri si trasferiscono sul lastrico della nuova costruzione. Tutto ciò considerato, la disciplina della sopraelevazione sopra l’ultimo piano dell’edificio, non muta quando l’ultimo piano dell’edificio appartenga non ad un solo proprietario, ma a più proprietari: con la conseguenza che ciascun proprietario dell’ultimo piano ha la facoltà di sopraelevare, costruendo sopra la propria porzione di piano e utilizzando lo spazio aereo sovrastante. Viene, con ciò, anche risolta la seconda questione di diritto che la decisione della Corte d’Appello ha posto: quella, cioè, relativa all’estensione che deve avere la sopraelevazione sopra l’ultimo piano, estensione che, contrariamente a quanto si sostiene nella sentenza impugnata, è limitata, nel massimo, alla corrispondente misura della proprietà di cui è titolare il condominio dell’ultimo piano. Resta, comunque, fermo che, ai sensi dell’art. 1127 c.c., la facoltà di sopraelevare concessa al proprietario dell’ultimo piano è soggetta sia alle limitazioni di cui ai commi 2 e 3 della citata norma (condizioni di staticità dell’edificio e pregiudizio dell’aspetto architettonico dello stesso); sia a quelle che abbia posto il regolamento condominiale di natura contrattuale che ben può imporre ai condomini il divieto di sopraelevare, data la natura derogabile della citata norma di legge.
Se, quindi, per quanto sopra detto, la Corte d’Appello ha errato nel negare alla Sxxx il diritto di sopraelevare sulla base dell’interpretazione da lei data all’art. 1127 c.c., comma 1, il Giudice di merito deve ancora pronunciarsi, al fine di affermare la piena legittimità della sopraelevazione in concreto posta in essere dal ricorrente, sul rispetto dei suddetti limiti imposti dall’art. 1127 c.c.; sull’esistenza e la portata del divieto di sopraelevazione che si assume (dal condominio) contenuto nel regolamento condominiale (sul quale la Corte di Appello non si è pronunciata ritenendo implicitamente assorbita la questione); sulla natura contrattuale o meno del regolamento condominiale e quindi sulla opponibilità deldivieto allo Sxxx; indagini tutte sulle quali dovrà pronunciarsi il Giudice di rinvio.
Il 2^ motivo di ricorso va, pertanto, accolto nei limiti esposti.
Il 3^ motivo del ricorso principale va rigettato. La censura, infatti, nella parte in cui viene dedotta la violazione dell’art. 2041 c.c., è inammissibile perchè proposta per la prima volta, in questa sede; per la parte in cui viene lamentato il mancato riconoscimento dei danni subiti dal ricorrente, per le spese di completamento dei lavori da lui sopportate, è infondata in quanto in mancanza di una valida autorizzazione al completamento dei lavori da parte di tutti condomini, le spese sopportate dallo Sxxx a tal fine, devono ritenersi conseguenti ad un suo comportamento volontario e quindi debbono restare a suo carico.
Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dal condominio, le censure sono infondate in quanto la Corte d’Appello ha ritenuto provata la sussistenza dei danni liquidati allo Sxxx siccome derivati dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico sovrastante di proprietà condominiale, non solo sulla base della C.T.U. eseguita nel processo intervenuto fra le stesse parti e poi dichiarato estinto (C.T.U. dalla quale la Corte Territoriale correttamente ha tratto argomenti di prova, trattandosi di un mezzo istruttorio comunque espletato nel contraddittorio delle stessi parti in causa); ma, anche sulla base di quanto ammesso, nelle premesse dell’atto di conciliazione, dall’amm.re del condominio (a C.T.U. già espletata) il quale ha dato atto dell’esistenza delle infiltrazioni e dei conseguenti danni. Accertata, quindi, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, la causa dei danni liquidati allo Sxxx, nelle infiltrazioni dal lastrico comune sovrastante infondato è il profilo sub A) della censura; mentre deve ritenersi inammissibile il profilo sub B) della stessa, per avere il Condominio prospettato, perla prima volta in questa sede, l’esistenza di svantaggi provocati al condominio dalla sopraelevazione, maggiori dei danni reclamati dallo Sxxx, svantaggi non oggetto di valutazione nella fase di merito.
La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma che provvederà ad un nuovo esame della controversia in applicazione del seguente principio di diritto: “La facoltà di sopraelevare concessa dall’art. 1127 c.c., comma 1, al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale, ove l’ultimo piano appartenga, pro diviso a più proprietari, spetta a ciascuno di essi nei limiti della propria porzione di piano con utilizzazione dellospazio aereo sovrastante a ciascuna porzione e nel rispetto dei limiti di cui all’art. 1127 c.c., comma 2 e 3”.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il 1^ ed il 3^ motivo del ricorso principale; accoglie per quanto di ragione il 2 motivo dello stesso ricorso; rigetta il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia; anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, davanti ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2006.