Perchè sia configurabile un danno risarcibile ex art. 2043, in ipotesi di condotta anticoncorrenziale della Compagnia Assicuratrice, è necessario che sussista un rapporto di causalità tra le intese illecite delle compagnie assicurative e l’aumento del costo delle polizze stesse.
(Corte d'Appello Napoli sentenza 03-05-2005 n. 1310)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI – I SEZIONE CIVILE
composta dai seguenti magistrati:
1) Dott. Domenico Nardi Presidente
2) Dott. Clemente Minisci Consigliere
3) Dott. Antonio Giovanni Marena Consigliere rel.
riuniti in camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile, in grado di appello, iscritta al n.4149/2002 R.G. e posta in decisione all’udienza collegiale del 26.01.2005;
TRA
Xxxx ROSA, rappresentata e difesa, in virtù di procura apposta a margine dell’atto di citazione, dall’avv. xxxx, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli, via xxxx;
ATTRICE
E
S.A.I. – SOCIETA’ ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.P.A., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtù di procura apposta in calce alla comparsa di costituzione, dagli avv.ti xxxx, xxxx e xxxx, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli, alla via xxxx;
CONVENUTA
CONCLUSIONI
Nell’interesse dell’attrice l’avv. xxxx conclude per l’accoglimento della domanda con vittoria di spese ed onorari.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12.10.2002, la sig.ra xxxx, premesso di aver stipulato il contratto di assicurazione n.12xxxxx, con decorrenza dal 30.04.1996 al 30.04.1997, con la Compagnia di Assicurazioni S.A.I. presso l’Agenzia “xxxx”, con sede in Napoli, per il motociclo Garelli cc. 50, con telaio n. xxxx, di sua proprietà; che aveva corrisposto il premio di polizza nella misura di Euro 98,39, come risultava dalla quietanza di pagamento prodotta in atti;
che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 8546 del 28.07.2000, premesso che la S.A.I., insieme ad altre Compagnie di Assicurazione, nel periodo 1994-1998, aveva posto in essere, in violazione dell’art.2, comma II, della legge n.287 del 1990, una complessa ed articolata intesa orizzontale, nella forma di una pratica concordata consistente nello scambio sistematico di informazioni commerciali sensibili tra imprese concorrenti, nonché in una pratica concordata di vendita congiunta di polizze CVT ed RCA, aveva applicato alla S.A.I. Assicurazioni S.p.a. la sanzione di lire 70.328.409.529;
che quest’ultima insieme ad altre Compagnie di Assicurazione multate avevano impugnato il provvedimento dell’Antitrust dinanzi al TAR del Lazio, che con sentenza del 5.07.2001, aveva rigettato i ricorsi;
che il Consiglio di Stato, con sentenza n.2199 del 26.02.-23.04.2002, aveva dichiarato la violazione dell’art.2, comma II, della legge n. 287 del 1990, da parte di 17 Compagnie, tra le quali la S.A.I.;
che il Consiglio di Stato aveva accertato la costituzione, nel periodo 1994-1998, di un accordo di cartello consistente nello scambio sistematico di dati ed informazioni sensibili tra le imprese concorrenti, tale da consentire alle stesse Compagnie di Assicurazione “un continuo monitoraggio dei reciproci comportamenti riguardante sia (l’ammontare) delle tariffe assicurative (i premi commerciali) ma anche e soprattutto le strutture delle stesse”, impedendo, restringendo e falsando la libertà di concorrenza tra le Compagnie Assicurative coinvolte, con conseguente abuso, nei confronti degli assicurati, della posizione dominante nei relativi contratti assicurativi;
che il predetto cartello anticoncorrenziale aveva avuto come risultato e conseguenza inevitabile, l’aumento indiscriminato dei premi di polizza assicurativa;
che il Consiglio di Stato aveva confermato la tesi sostenuta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, secondo cui se la dinamica delle tariffe per la RCA fosse stata (negli anni dal 1994 al 1998) in linea con quella europea, i consumatori avrebbero risparmiato 3.600,00 milioni di Euro;
che tale dato di fatto aveva procurato alle Compagnie Assicurative e, quindi, alla S.A.I. ASSICURAZIONI S.p.a. un ingiusto profitto con conseguente danno economico per tutti gli assicurati e, quindi, anche per essa istante, consistente in un aumento illecito delle tariffe delle polizze assicurative RCA, da cui il diritto per l’attrice ad ottenere il risarcimento dei danni ai sensi dell’art.20473 c.c.;
che l’aumento illecito del premio assicurativo poteva essere valutato e quantificato presuntivamente, anche in forza dell’ingente importo della sanzione amministrativa pecuniaria comminata dal Consiglio di Stato alle predette società assicurative, nella misura del 20% del costo totale dei premi di polizza assicurativa versati dagli assicurati nel periodo 1994-1998;
che essa istante, avendo corrisposto alla S.A.I Assicurazioni S.p.a. il premio assicurativo dell’importo di Euro 98,39, aveva diritto, a titolo di risarcimento dei danni, al pagamento di una somma pari al 20% del premio versato, oltre interessi legali;
tanto premesso, evocava in giudizio davanti a questa Corte la S.p.a. S.A.I. Assicurazione, in persona del suo legale rappresentante, per sentirla condannare al pagamento delle somme corrispondenti al 20% di quanto da lei versato a titolo di premio, previa declaratoria di illiceità dell’intesa anticoncorrenziale realizzatasi negli anni 1994-1998 tra la convenuta e le Imprese Assicurative.
Costituitasi in giudizio, la convenuta eccepiva la prescrizione del diritto azionato ai sensi dell’art.2952 c.c. e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda per carenza di prova in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie si cui all’art.2043 c.c. (condotta dolosa o colposa, nesso di causalità, entità del danno).
All’udienza del 26.01.2005 la causa veniva riservata per la decisione, previa assegnazione alle parti del termine di cui all’art.190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda, che va inquadrata entro il paradigma normativo dell’art.2043 c.c., è fondata e, pertanto, merita accoglimento.
Va, innanzitutto, rilevato che con provvedimento del 28.07.2000 n.8546 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha accertato la violazione da parte di 39 cpmpagnie di assicurazione, tra cui anche la S.p.a. SAI Assicurazioni, del divieto sancito dall’art.2 della legge 10.10.1990 n.287, per avere realizzato un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza in tema di assicurzione della responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, irrogando una sanzione pari a 700 miliardi di vecchie lire.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, investite della questione in ordine alla legittimazione dei consumatori, ovvero dei soggetti non imprenditori, ad esperire l’azione di nullità dell’intesa restrittiva della libertà di concorrenza di cui all’art.33 della leggen.287 del 1990, con sentenza 20.01-04.02.2005 n.2207, hanno statuito che le questioni relative alla legittimazione ad agire ed alla posizione giuridica dei contratti conclusi tra impresa assicuratrice e cliente “a valle” dell’accordo illecito tra gli imprenditori, costituiscono aspetto del medesimo problema, in quanto la posizione giuridica del terzo, estraneo all’intesa, che afferma di averne subito gli effetti, ne determina la legittimazione ad agire.
Le Sezioni Unite hanno affermato che la legge n.287 del 1990 rappresenta una novità nel panorama nazionale e conserva il carattere fondamentale di strumento di tutela del corretto rapporto di concorrenza.
L’art.2 della predetta legge dispone che sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statuarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. Essi sono vietati se hanno per oggetto o per effetto di ridurre o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza.
La norma si conclude, al n.3, con la perentoria statuizione: “le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”.
La legge Antitrust, che deve essere interpretata in base ai principi dell’ordinamento comunitario, non tutela soltanto il pregiudizio del concorrente, bensì un più generale bene giuridico
Tale ampia tutela non ignora la plurioffensività possibile del comportamento vietato. Un’intesa vietata può ledere oltre che il patrimonio di altro imprenditore, concorrente con quelli che hano realizzato l’intesa vietata, anche quello del singolo consumatore.
L’art.33 della legge n.287 del 1990 contiene tanto una norma di giurisdizione, quanto una norma di competenza, con la conseguenza che alla Corte d’Appello deve rivolgersi chi allega il comportamento di mercato tenuto da un imprenditore tale da ledere la struttura concorrenziale del medesimo, e dunque ne chieda la dichiarazione di nullità, presupposto dell’eventuale risarcimento.
Anche il consumatore, terzo estraneo all’intesa, è legittimato all’azione davanti al G.O., in quanto la legge Antitrust non è la legge degli imprenditori soltanto, ma è la legge dei soggetti del mercato ovvero di chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere.
Il consumatore, che è l’acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene. Pertanto la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la statuizione del suo diritto di scelta effettiva, tra prodotti in concorrenza, con una scelta apparente.
Le Sezioni Unite, infine, hanno chiarito che non può negarsi la legittimazione ad agire davanti al giudice ordinario al consumatore, quando richiede l’accertamento di un’intesa nei termini vietati dalla legge con conseguente declaratoria della sua nullità e domanda non solo di risarcimento danni (ex art. 2043 c.c.), ma anche di eliminazione dei suoi effetti, eventualmente attraverso l’eliminazione del sovrapprezzo.
Non conduce a conclusione diversa la considerazione della fattispecie restitutoria, in quanto chi richiede la restituzione di ciò, che ritiene di avere pagato in esecuzione di un negozio concluso per effetto di intesa nulla, allega pur sempre quest’ultima e l’impossibilità giuridica che essa produca effetti.
Orbene, nel caso di specie, dalla documentazione in atti, che, sebbene prodotta in fotocopia, non è stata disconosciuta nei termini di cui agli artt.214 e 215 c.p.c., risulta che la sig.ra xxxxx Rosa ha stipulato con la S.A.I. Assicurazione Industriale S.p.a. la polizza n. 12xxxx, con decorrenza dal 30.04.1996 al 30.04.1997, relativa al motociclo Garelli cc.50, con telaio n.xxxxx, versando il premio assicurativo di Euro 98,38.
E’, inoltre, incontroverso tra le parti, oltre che documentalmente provato, che con provvedimento del 28.07.2000 n.8546, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha accertato la violazione, da parte di 39 compagnie di assicurazione, tra le quali anche la S.A.I., del divieto sancito dall’art.2 della legge 10.10.1990 n.287, per avere realizzato una intesa restrittiva della libertà di concorrenza in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, irrogando la sanzione amministrativa pari a lire 700 miliardi.
Ne consegue che, alla stregua dei principi enunciati dalle Sezioni Unite, la sig.ra xxxxx Rosa è legittimata ad agire davanti a questa Corte per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalle intese illecite – e, quindi nulle – restrittive della libertà di concorrenza, poste in essere dalle compagnie assicurative.
L’illecito comportamento della S.A.I. S.p.a. ha sicuramente cagionato all’attrice un danno, consistente nella differenza tra la somma pagata per la polizza assicurativa ed il prezzo senza l’alterazione derivante dalle intese illecite, che hanno falsato in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato ed hanno comportato la sostituzione del diritto del consumatore di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, con una scelta apparente.
Per la sussistenza di un rapporto di causalità tra le intese illecite delle compagnie assicurative e l’aumento del costo delle polizze è necessario che, tra l’antecedente ed il dato consequenziale, sussista un rapporto di sequenza costante, secondo un calcolo di regolarità statistica, per cui l’evento appaia come conseguenza normale dell’antecedente (Cass. 20.12.1986 n.7801; 567/1983; 3621/1982).
Nel caso di specie l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato che è evidente “la discrepanza tra il tasso di crescita del parco veicoli e quello della raccolta premi, che raddoppia tra il 1990 ed il 1998”; che “nel periodo successivo alla liberalizzazione si sarebbe registrato in 5 anni e mezzo, un sostanziale raddoppio del premio medio pagato dagli assicurati, con una sensibile accelerazione nell’ultimo periodo”; che “mentre nel periodo immediatamente successivo alla liberalizzazione tariffaria l’Italia era il paese in cui tale assicurazione costava meno, alla fine del 1999 è divenuta la più costosa. In 5 anni i prezzi relativi italiani sono cresciuti del 63% rispetto ala media europea”; che “l’aumento dei prezzi si è realizzato in un settore caratterizzato da una elasticità della domanda di mercato molto rigida, essendo tale assicurazione obbligatoria. In altri termini, a fronte di un aumento generalizzato dei premi, l’unico strumento a disposizione dell’utente finale è la rinuncia all’utilizzo del veicolo”.
Tali elementi dimostrano in maniera inequivocabile la riconducibilità in termini di normalità e di verosimiglianza dell’aumento del costo della polizza all’accordo illecito – e quindi nullo – sanzionato dall’Antitrust.
Circa il quantum debeatur, soccorrono i criteri equitativi, attesa l’impossibilità di provare il danno nel suo preciso ammontare.
In proposito è appena il caso di rilevare che il giudice può addivenire alla liquidazione dei danni in via equitativa tanto nell’ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare, per l’impossibilità della parte di fornire congrui ed idonei elementi al riguardo, quanto nell’ipotesi di notevole difficoltà di una precisa quantificazione (Cass. 16.07.2002 n.10271).
Pertanto, tenuto conto dei parametri di valutazione offerti dal provvedimento dell’Antitrust ed avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, appare equo liquidare il danno nella misura di Euro 19,68, pari al 20% del costo del totale del premio versato (Euro 98,39).
L’inquadramento della fattispecie in esame entro il paradigma normativo dell’art.2043 c.c. comporta il rigetto dell’eccezione di prescrizione, non essendo decorso il termine quinquennale dalla data di accertamento definitivo dell’illecito, costituito dalle intese restrittive della libertà di concorrenza, poste in essere dalle compagnie assicurative in violazione della legge 287/1990.
Pertanto, la convenuta deve essere condannata al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 19,68, oltre interessi legali dalla domanda.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sulla domanda, proposta da xxxx Rosa nei confronti della S.p.a. S.A.I. – Società Assicuratrice Industriale – in persona del suo legale rappresentante, così provvede:
Condanna la convenuta al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 19,68, con gli interessi legali dalla domanda fino all’effettivo soddisfo, nonché alla rifusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro xxxx di cui xx per esborsi, xxx per diritti ed xxx per onorario, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario come per legge, con attribuzione all’avv. xxxxx, procuratore anticipatario.
Napoli, 27.04.2005