Se l’apparecchio consente il rilevamento solo dopo il transito, deve ritenersi sempre consentita la contestazione successiva ai sensi dell’art. 384 c.d.s, che prevede tale ipotesi.
Cassazione Civile – Sentenza n. 3140 del 18-02-2004
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 10 febbraio 2001 la Amarelli Fabbrica di Liquirizia s.a.s., in persona del legale rappresentante Amarelli Marco, proponeva opposizione avanti al giudice di pace di Lagonegro avverso l’ordinanza-ingiunzione del 27 dicembre 2000, notificata il 20 gennaio 2001, con cui il Prefetto di Potenza aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 1.231.200 per violazione dell’art. 142, comma 9, del C.d.S. (D.Lgs. n. 285 del 1992). Ne chiedeva l’annullamento, deducendo la violazione del termine concesso al Prefetto dall’art. 204 C.d.S. per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, la mancanza di motivazione dell’ordinanza opposta e l’omessa contestazione immediata della violazione senza indicazione alcuna delle relative ragioni.
Si costituiva il Prefetto, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’esito del giudizio il giudice di pace con sentenza del 4 maggio 2001 accoglieva l’opposizione, annullando l’ordinanza-ingiunzione e condannando il Prefetto al pagamento delle spese processuali.
Rilevava in primo luogo il giudice di pace la mancata osservanza da parte del Prefetto del termine di centottanta giorni previsto dall’art. 204 C.d.S. (D.Lgs. n. 285 del 1992), essendo stato il ricorso ricevuto dal Prefetto il 5 luglio 2000 e l’ordinanza-ingiunzione notificata alla ricorrente soltanto il 20 gennaio 2001 e non potendosi condividere la tesi della Prefettura secondo cui, ai fini della decorrenza del termine, devesi far riferimento alla data di emissione e non già a quella della notifica del provvedimento.
Riteneva del pari fondato il terzo motivo relativo alla mancata contestazione immediata, non potendo questa essere omessa, trattandosi di una regola generale che trova applicazione ogni qual volta sia possibile e non essendo convincente la giustificazione fornita a verbale dai vigili accertatori i quali, richiamando l’art. 384, lett.e), del Regol. al C.d.S. (D.P.R. n. 495 del 1992), avevano dichiarato che non era stata possibile la contestazione immediata in quanto l’apparecchio di rilevazione consentiva l’accertamento dell’illecito solo dopo che il veicolo era già a distanza dal posto di osservazione e comunque nell’impossibilità di essere fermato.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione la Prefettura di Potenza, deducendo un unico articolato motivo di censura.
Motivi della decisione
Con l’unico articolato motivo di ricorso la Prefettura di Potenza denuncia violazione degli artt. 142, comma 6, 200 e 201 del D.Lgs. n.285 del 1992 (C.d.S.) nonché dell’art. 384, lett. e), del relativo Regolamento (D.P.R. n. 495 del 1992). Sostiene che, nel ritenere tardivamente emesso il provvedimento del Prefetto, il giudice di pace non ha considerato la necessità di computare, oltre al termine di 180 giorni – introdotto dall’art. 1, comma 2, del D.L. n. 391 del 1990 entrato in vigore il 4 novembre 1999, non convertito ma ribadito dall’art. 68, comma 5, della legge n. 488 del 1999 che ha anche fatto salvi gli effetti prodotti da detto decreto legge l’ulteriore termine di trenta giorni previsto per l’istruzione della pratica da parte dell’organo accertatore. Deduce inoltre che, dovendosi far riferimento alla data di emissione (27 dicembre 2000) e non già a quella della notifica (20 gennaio 2001) del provvedimento del Prefetto, esso deve considerarsi in ogni caso tempestivo, essendo stato presentato il ricorso a tale organo in data 5 luglio 2000 e non potendosi comunque un tale termine considerare perentorio né la sua inosservanza motivo di nullità del provvedimento. Lamenta poi che il giudice di pace abbia ritenuto la necessità della contestazione immediata anche quando, come risultava nel caso in esame dall’apposito verbale, l’apparecchio di rilevazione consentiva l’accertamento della violazione in tempo successivo passaggio del veicolo.
Il ricorso, articolato in due distinte censure, riguardanti rispettivamente le due autonome ragioni poste a fondamento della decisione, è fondato.
Quanto alla prima, relativa all’inosservanza del termine per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione da parte del Prefetto e basata a sua volta su due distinti ordini di considerazioni, va rilevato in primo luogo che l’espressione “emette” contenuta nell’art. 204 del codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992), che si occupa del provvedimento del Prefetto a seguito di ricorso dell’interessato e del termine previsto a tal fine, è sinonimo, nella terminologia giuridica, di “emanare”, adottare” e simili. Perché si completi l’attività amministrativa voluta con tale espressione non è richiesto, , che il provvedimento venga portato a conoscenza dell’interessato, assolvendo a tale compito la ulteriore fase della notificazione.
Nulla autorizza sotto il profilo letterale una diversa interpretazione, mentre non può dubitarsi che nella previsione di un termine concesso ad un organo dell’amministrazione per lo svolgimento di un determinato procedimento amministrativo non possono ricomprendersi altre attività, sia pure accessorie, non previste espressamente, che peraltro sfuggono al diretto controllo di detto organo in quanto di competenza di altri soggetti (messo, ufficiale giudiziario, servizio postale ecc.). È evidente infatti, che altrimenti non solo verrebbe ad essere ridotto il termine concesso al Prefetto ma sarebbe in concreto anche aleatorio l’esito positivo della procedura indipendentemente dalla tempestività della sua azione amministrativa.
Né ai fini della giuridica esistenza e della validità di un atto amministrativo è necessario, in linea di principio, che esso esca dalla sfera giuridica dell’organo che lo ha emanato, rispondendo l’attività notificatoria, validamente eseguibile finché il procedimento non sia prescritto ai sensi dell’art. 28 della legge n. 689 del 1981, ad esigenze diverse in quanto posta a tutela dei diritti del destinatario e del loro esercizio nei termini consentiti.
Pertanto, risultando dall’impugnata sentenza che il ricorso è pervenuto il 5 luglio 2000 e la ordinanza-ingiunzione è stata emessa il 27 dicembre 2000, deve ritenersi osservato il più lungo termine di 180 giorni introdotto dall’art. 68, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 che ha modificato quello originariamente previsto di giorni 60 dall’art. 204, comma 1, del D.Lgs. n. 285 del 1992 (C.d.S.).
Ma anche l’ulteriore considerazione sul punto, che si esamina per ragioni di completezza, è fondata.
L’art. 68, comma 1, della legge n. 488 del 1999, testè richiamato, ha ampliato, come si è rilevato, il termine di cui al comma 1 dell’art. 204 D.Lgs. n. 285 del 1992 concesso al Prefetto per l’emanazione del suo provvedimento, senza nulla osservare però in ordine al diverso termine di giorni trenta previsto dall’art. 203, comma 2, C.d.S. (D.Lgs. n. 285 del 1992) per la trasmissione al Prefetto degli atti da parte del responsabile dell’ufficio accertatore.
È evidente, pertanto, che detto termine non può ritenersi assorbito da quello previsto dall’art. 68, facendo riferimento tale norma unicamente al termine concesso al Prefetto e non essendo pertanto consentita una sua estensione anche alla fase preliminare del procedimento regolata da una distinta disposizione.
Conseguentemente, dovendosi aggiungere ai 180 giorni dell’art. 68 della legge n. 488 del 1999 i 30 giorni di cui all’art. 203 D.Lgs. n. 285 del 1992, anche sotto tale profilo ed indipendentemente quindi dalle considerazioni espresse in ordine alla interpretazione dell’espressione “emette”, la ordinanza-ingiunzione del Prefetto deve ritenersi tempestiva.
Anche la seconda censura, relativa alla mancata contestazione immediata, è fondata.
L’impugnata sentenza, nell’accogliere il motivo di opposizione relativo alla mancata contestazione immediata della violazione, ha escluso l’ipotesi prevista dall’art. 384, lett. e), del Reg. di Esecuzione al C.d.S., cui avevano fatto riferimento i vigili accertatori nel verbale per giustificare tale omissione, non ritenendo sufficiente a tal fine che l’apparecchio di rilevazione consentisse l’accertamento dell’illecito solo dopo che il veicolo fosse già a distanza dal posto di osservazione e nell’impossibilità quindi di essere fermato.
Orbene, anche in relazione alla violazione di eccesso di velocità rilevata con apparecchio autovelox, vale il principio generale, codificato negli artt. 200 e 2001 C.d.S., della necessità della contestazione immediata quando essa sia possibile e dell’effetto estintivo della obbligazione sanzionatola in caso di violazione di detta previsione.
Il Reg. di Esec. allo stesso C.d.S. si è fatto carico però di indicare, sia pure in linea di massima, le ipotesi in cui una tale possibilità debba ritenersi esclusa, prevedendo così dei temperamenti allorché la situazione obiettiva non consenta il rispetto del richiamato art. 200.
Nell’ambito di tale disposizione regolamentare e con specifico riferimento alla fattispecie in esame di eccesso di velocità, si è distinta l’ipotesi in cui l’apparecchiatura permetta l’accertamento dell’illecito prima del transito del veicolo avanti alla postazione dei vigili accertatori da quella invece in cui tale accertamento è consentito solo dopo il transito.
Nel primo caso la contestazione deve essere immediata a meno che non derivino dal fermo situazioni di pericolo o di intralcio alla circolazione ovvero l’organizzazione del servizio, in considerazione della disponibilità del personale, non lo consenta, purché la presenza di una o più di tali circostanze risulti dal verbale e senza però che il giudice possa sindacare le modalità organizzative degli accertatori in quanto in tal caso invaderebbe illegittimamente la sfera del suo potere discrezionale attraverso una inammissibile ingerenza nel “modus operandi” della Pubblica Amministrazione.
Nel secondo caso, e cioè allorché l’apparecchio consenta il rilevamento solo dopo il transito, deve ritenersi sempre consentita la contestazione successiva ai sensi dell’art. 384, lett. e), del Reg. Esec. al C.d.S. (D.P.R. n. 495 del 1992) che prevede tale ipotesi fra le altre in cui “di massima” è considerata materialmente impossibile la contestazione immediata.
Il giudice di pace, pur dando atto che il tipo di apparecchiature utilizzato consentiva la determinazione della velocità solo quando il veicolo si trovava già a distanza dal posto di osservazione e nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile, ha sostanzialmente disatteso la rilevanza di tale circostanza, esercitando una inammissibile ingerenza sulla adottabilità da parte della Polizia dell’apparecchio utilizzato ed invadendo in tal modo l’ambito del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione in ordine alle modalità di organizzazione e di espletamento del servizio, con conseguente violazione, oltre tutto, dell’art. 384, lett. e), del Reg. D.P.R. n. 495 del 1992 che l’utilizzazione di tale tipo di apparecchio non solo prevede ma considera espressamente fra le ipotesi che giustificano la contestazione successiva.
L’impugnata sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio, anche per le spese, al giudice di pace di Lagonegro, in persona di altro magistrato che si uniformerà agli esposti principi e provvederà all’esame dell’ulteriore motivo di opposizione con cui è stata dedotta la mancanza di motivazione nell’ordinanza-ingiunzione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di cassazione
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al giudice di pace di Lagonegro in persona di altro magistrato.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2003.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2004.