Una singolare sentenza del G.d.P. di Viterbo sull'uso delle cinture di sicurezza.
Rimessa la questione alla Corte Costituzionale.
Giudice di Pace di Viterbo – Sentenza 5 dicembre 2003
Ha pronunziato in data odierna la seguente ordinanza ex art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87. Trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per questione non manifestamente infondata di incostituzionalita'.
Nella speciale procedura ex lege n. 689/1981 iscritta al n. 1599 del R.G.A.C. per l'anno 2003, tra Bozza Venturi Michele Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Bozza Venturi del foro di Roma, domiciliato ope legis presso la cancelleria dell'ufficio del Giudice di pace di Viterbo e Ufficio territoriale del Governo di Viterbo in persona del prefetto pro tempore.
Oggetto: opposizione alla ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Viterbo emessa in data 31 ottobre 2002 n. 20844/2002 relativa la conferma della sanzione amministrativa per violazione dell'art. 172, d.lgs. n. 285/1992, in quanto, alla guida di autovettura, non indossava la cintura di sicurezza prescritta ed imposta dall'articolo di legge in questione.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato a questo ufficio in data 9 maggio 2003 il sig. Michele Antonio Bozza Venturi, successivamente assistito dall'avv. Alessandro Bozza Venturi, si e' opposto all'Ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Viterbo che ha confermato la sanzione amministrativa applicatagli in data 21 maggio 2002 dal Comando Polstrada di Viterbo per violazione dell'art. 172 del d.lgs. n. 285/1992, sollevando una serie di eccezioni tra cui quella di illegittimita' costituzionale dell'art. 172 predetta fonte normativa, e di conseguenza rilevandone la violazione dei seguenti articoli della Costituzione della Repubblica: art. 2, in quanto tale la' dove la Costituzione riconosce l'esistenza dei diritti inviolabili dell'uomo e lo sviluppo della sua personalita', essi sono tarpati e violati dalla decisione altrui, irrazionale, di doversi legare al mezzo di trasporto; art. 3, in quanto l'imporre il soffocante obbligo delle cinture solo ad alcuni viola il principio dell'uguaglianza: ne sono esentate infatti numerose categorie di cittadini, a cui, si riconosce, la cintura di sicurezza sarebbe di danno oltre che di fastidio, riconoscendo con cio' tale sua potenzialita'; art. 13, per cui la liberta' personale e' inviolabile: non e' lecito imporre al cittadino cio' che costituisce il suo diritto di autodeterminazione, e che concerne lui solo e la sua personalita'; art. 32, secondo comma, ove essa impone il rispetto della persona umana, e dunque la dignita' delle sue scelte e delle decisioni che concernono essa sola. Quanto alla Dichiarazione europea dei diritti dell'uomo (legge 4 agosto 1955, n. 848) l'art. 8, per cui Toute personne a droit au respect de sa vie privee.. Il ne peut y avoir ingerence d'une autorite' publique dans l'exercice de ce droit.., mentre una imposizione di uso di cinture di sicurezza viola il rispetto alla vita privata. Quanto alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'assemblea delle NN.UU. (di cui lo Stato italiano fa parte) il 10 dicembre 1948, all'art. 29, lettera 2: ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento ed il rispetto dei diritti e delle liberta' degli altri …
In data 9 luglio 2003 veniva discusso il ricorso davanti l'intestato ufficio del giudice di pace, era presente per il ricorrente l'avv. Alessandro Bozza Venturi, nessuno per l'U.T.G. di Viterbo, neppure costituitosi in giudizio. All'esito della discussione orale, questo giudice ha trattenuto la causa in decisione, assegnando termini per deposito di note: Motivo della decisione
L'eccezione di illegittimita' costituzionale posta dal ricorrente merita certamente attenzione: per il principio di ragionevolezza che deve informare le leggi, principio generale e primordiale, ancor piu' evidentemente leso la' dove, con la novita' della «patente a punti», il mancato uso delle cinture e' colpito dalla perdita addirittura di 5 punti, con la sanzione ulteriore, giusta il d.l. 27 giugno 2003, n. 151, ora confermato dalle legge di conversione n. 214 del 2003, della sospensione della patente per 15 giorni in caso di reiterazione, di piu' dunque del passaggio col semaforo rosso o del sorpasso in curva; poiche' in effetti le suesposte considerazioni non appaiono peregrine, anche alla luce della violentissima campagna sanzionatoria, che ha aggravato oltremodo in maniera irrazionale le sanzioni previste, che portano alla seconda volta alla sospensione della patente dai quindici giorni ai due mesi, mentre per esempio per la retromarcia in autostrada, l'inversione di marcia in curva, circolare contromano, mancato fermo dopo aver provocato un incidente, e' prevista una penalita' di soli 4 punti; ritenuto che l'uso o meno dei sistemi di ritenuta al veicolo debba far parte, alla luce dei principii costituzionali delle democrazie, della discrezionalita' personale, non potendosi tornare al sistema dittatoriale contro cui si sono sacrificate cosi' tante vite di idealisti;
P. Q. M.
Ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, per il contrasto dell'art. 172, d.lgs. n. 285/1992, cosi' come modificato dal decreto-legge n. 151 del 27 giugno 2003 e successiva conversione in legge con legge n. 214 del 2003, con gli articoli 2, 3, 13, 32, secondo comma, Costituzione della Repubblica; con la legge 4 agosto 1955, n. 148, art. 8; con l'art. 29, lettera 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'assemblea delle NN.UU. (di cui lo Stato italiano fa parte) il 10 dicembre 1948; con il principio di ragionevolezza; Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento italiano.
Viterbo, addi' 5 settembre 2003
Il giudice di pace: Balestra