Le spese per l’ascensore condominiale vanno ripartite in base all’uso differenziato

di | 18 Febbraio 2005

Poichè la destinazione al soddisfacimento dell’interesse dei partecipanti al Condominio, non ha per tutti pari intensità, il criterio di ripartizione delle spese di conservazione e manutenzione dell’ascensore condominiale, secondo la misura della partecipazione alla comproprietà del bene da parte dei singoli deve essere coordinato con quello della proporzione dell’uso che ciascuno può farne, pertanto, il principio desumibile dall’art. 1117 c.c. deve essere coordinato con quello stabilito dall’art. 1123 2 e 3 c. C. Civ., che individua il criterio di riparto in base all’uso differenziato, analogamente a quanto stabilito per le scale dall’art. 1124 C. Civ. il quale rappresenta una applicazione della regola generale stabilita dall’art. 1123 2 e 3 c. C. Civ..
Cassazione , sez. II civile, sentenza 17.02.2005 n. 3264

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 27.07.1989 Roberto Mxxx convenne davanti al Tribunale di Milano il Condominio di Via xxx in Milano impugnando la delibera 10.07.1989 con la quale l’assemblea aveva approvato la ripartizione delle spese millesimali di ascensore e riscaldamento.

Il Condominio, tardivamente costituitosi, chiese il rigetto della domanda.

Con separata citazione notificata il 3.11.89 Carlo e Caterina Sxxxxx convennero in giudizio davanti allo stesso Tribunale il medesimo Condominio impugnando la delibera 12.10.89 con la quale l’assemblea aveva approvato i nuovi millesimi per la ripartizione delle spese diriscaldamento e di ascensore.

Il Condominio, costituitosi chiese il rigetto della domanda.

Disposta la riunione delle cause il Mxxx chiese, in ordine alla domanda da lui proposta, la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, in forza della delibera 12.10.89 che soddisfaceva le sue richieste, ed il rigetto della domanda proposta dagli S. nel cui giudizio era intervenuto.

Con successiva citazione 25.07.90 Carlo e Caterina S., Elda B., Lino P. ed Edoardo B. impugnarono la delibera 12.10.89 con riferimento all’approvazione delle spese di tinteggiatura dei serramenti, – nonchè la delibera del 27.06.90 relativamente al consuntivo 1.5.89/1.4.90 ed al nuovo regolamento di Condominio con allegate tabelle millesimali.

Costituitosi il Condominio, chiese il rigetto della domanda: riunite tutte le cause, ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini dei quali solo in pochi si sono costituiti, il Tribunale, con sentenza 22.10.98 ha respinto sia l’impugnazione delle due delibere 12.10.89 e 27.6.90, sia la domanda di revisione e determinazione giudiziale delle tabelle millesimali, dichiarando cessata la materia del contendere relativamente alla delibera 10.7.89.

Su impugnazione di Carlo e Caterina S., che insistevano per la dichiarazione di nullità delle delibera 12.10.89 e 27.6.90, nella parte in cui avevano modificato le tabelle millesimali per il riparto delle spese del servizio di ascensore nonchè per la nullità di ogni altra delibera che avesse comunque modificato le predette tabelle senza il consenso unanime degli aventi diritto, la Corte di appello di Milano, con sentenza 12.5.2000, respingeva l’appello.

Precisato che la sola questione controversa fra le parti riguarda la ripartizione delle spese di gestione dell’ascensore della scala C; afferma la Corte d’appello, per quanto riguarda gli ascensori, che la presunzione di comproprietà fra i condomini dell’impianto, è fondata sulla relazione strumentale necessaria fra esso e l’uso comune e poichè la destinazione al soddisfacimento dell’interesse dei partecipanti al Condominio, non ha per tutti pari intensità, ma varia in funzione del piano in cui si trova la porzione di proprietà esclusiva del singolo Condominio, il criterio di ripartizione delle spese, secondo la misura della partecipazione alla comproprietà del bene da parte dei singoli deve essere coordinato con quello della proporzione dell’uso che ciascuno può farne; per cui il principio desumibile dall’art. 1117 c.c. deve essere coordinato con quello stabilito dall’art. 1123 2 e 3 c. C. Civ. che individua il criteriodi riparto in base all’uso differenziato (in particolare all’uso virtuale e non a quello effettivo); e la disciplina applicabile agli ascensori deve essere analoga a quella stabilita per le scale dall’art. 1124 C. Civ. il quale rappresenta una applicazione della regola generale stabilita dall’art. 1123 2 e 3 c. C. Civ..

Aggiunge la Corte d’appello che se per le spese di conservazione delle parti comuni, essendo diretta alla tutela della integrità del valore capitale, può in astratto, ammettersi che esse siano dovute in proporzione alla quota di comproprietà; ciò non può ammettersi per le spese attinenti al godimento delle cose comuni, in quanto esse scaturiscono dall’uso, sicchè legittimo è il criterio stabilito con la delibera 12.10.89, ribadito nella successiva delibera del 27.6.90 (cioè 50% dei millesimi di proprietà e 50% in base ai piani).

Irrilevante, per la Corte d’appello, è la circostanza che l’impianto sia stato realizzato mediante differenti contribuzioni volontarie da parte dei condomini dal momento che il criterio della proporzionalità alle sole quote di proprietà, non è idoneo a rappresentare la misura secondo cui ciascun condomino gode e fa uso dell’impianto.

Con riferimento alla mancanza di una determinazione convenzionale dei valori immobiliari delle porzioni di proprietà esclusiva, afferma la Corte d’appello che il rapporto fra il valore della proprietà dell’intero edificio e quello della proprietà singola, esiste indipendentemente dalla formazione della tabella millesimale; e che l’assemblea, anche in assenza di un regolamento che fissi i criteri, ha il potere di stabilire la ripartizione delle spese fra i condomini; cosicchè nella fattispecie in esame, in cui non si deduce che per le spese dell’ascensore si siano consolidati, con effetti negoziali vincolanti, criteri di ripartizione diversi, del tutto legittimi sono i criteri richiamati nella delibera 12.10.89 tanto più che i valori dei piani espressi in millesimi esistono di fatto e sono applicati da anni senza contrasti.

Quanto, infine, alla dedotta ingestibilità” delle “tabelle ascensore” predisposte dal C.T.U. (perchè non esisterebbe una caratura millesimale delle unità immobiliari in base al “valore di piano o porzione di piano”) afferma la Corte d’appello che l’inconveniente, ove fosse di fatto ravvisabile, non produrrebbe alcun effetto pregiudizievole, in quanto il Tribunale ha escluso che quelle tabelle avessero immediata efficacia per i condomini, in mancanza di consenso da parte di tutti.

Avverso tale sentenza ricorrono in Cassazione Carlo e Caterina S. -Resiste con controricorso il Mxxx Nessuna attività difensiva hanno svolto gli intimati.

Motivi della decisione

Deducono i ricorrenti a motivo di impugnazione: la violazione e falsa applicazione degli artt. 1100, 1123, 1124 Cod. Civ. in relazione all’art. 360 N 3 c.p.c. per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto, conformemente al Tribunale, applicabile, quale criterio di ripartizione delle spese di conservazione e manutenzione dell’ascensore, quello stabilito con la delibera 12.10.89 approvata con 553,71 voti e cioè in base al 50% dei millesimi di proprietà e al 50% del valore dei piani, nonostante:

a) in mancanza dell’unanimità dei consensi, trattandosi di ascensore (realizzato dopo 50 anni dall’edificazione dello stabile) oggetto di una comunione le cui quote sono espresse dalla misura della spesa con cui ciascuno concorse alla sua realizzazione, il criterio diripartizione delle spese non può che essere dettato dall’art. 1101 2^ c. c.c., norma ripresa dall’art. 1123 1^ c. c.c. non essendo applicabile il criterio dell’art. 1123 c. 2^ e 3 cod. civ., di cui l’art. 1124 c.c. è specificazione, norme queste ultime disciplinanti le spese relative agli impianti sorti contemporaneamente alla costruzione dell’edificio condominiale;

b) il riparto delle spese in base all’uso differenziato ex art. 1123 2 c.c. civ. non sia applicabile alle spese generali;

c) il regolamento condominiale prescinda da qualsiasi determinazione dei “valori di piano” C quindi non sia possibile ripartire le suddette spese, senza la previa determinazione dei “valori di piano”da effettuarsi ex novo con criteri oggettivi, predeterminati e condivisi da tutti i condomini interessati.

Il ricorso è infondato.

Non merita, infatti, alcuna censura la decisione della Corte d’appello che, in conformità alla dottrina e giurisprudenza prevalente e consolidata, ha ritenuto legittimo il criterio di ripartizione delle spese di conservazione e manutenzione dell’ascensore, approvato con la delibera 12.10.89, in conformità a quanto stabilito dall’art. 1124 Cod. Civ., per la ripartizione delle spese relative alle scale; norma ritenuta applicabile in via analogica, in virtù della medesima ratio, alla fattispecie avente ad oggetto l’ascensore, per la cui disciplina manca una specifica norma.

Non derogando, inoltre, l’art. 1124 C. Civ. ai criteri generali previsti dall’art. 1123 C. Civ., (il valore e l’utilità); ed incidendo sulle spese di manutenzione il logorio dell’impianto, (maggiore in funzione dell’altezza dei piani), del tutto legittima deve ritenersi la delibera assembleare, in mancanza, come specificato dalla stessa Corte di appello, di criteri convenzionali che deroghino a quelli stabiliti dalle legge.

Il rilievo, poi, secondo il quale il criterio di ripartizione delle spese di cui all’art. 1224 C. Civ., sarebbe applicabile solo nell’ipotesi in cui l’ascensore fosse stato installato originariamente con la costruzione dell’edificio, e non, invece, quando, come nella specie, sia stato installato in un secondo tempo, è affermazione dei ricorrenti che prescinde dall’accertamento di fatto di cui in sentenza, dal quale si evince che l’installazione dell’ascensore, fu sì successiva alla costruzione dell’edificio, ma avvenne con il consenso di tutti i condomini, sia pure con il contributo finanziario differenziato degli stessi.

Ciò comporta: la proprietà comune condominiale dell’impianto, già considerato tale ai sensi dell’art. 1117 N. 3 Cod. Civ., in mancanza di titolo contrario; nonchè, ai sensi dell’art. 1118 C. Civ., il diritto di ciascun condominio sullo stesso, proporzionato al valore del piano o porzione di piano di proprietà esclusiva.

Ne consegue, con riferimento alla ripartizione delle spese, l’applicabilità alla fattispecie dei criteri previsti dall’art. 1123 C. Civ., dei quali la disciplina stabilita dall’art. 1124 c.c., è una specifica applicazione, come precisata correttamente nella sentenza impugnata.

Erra, pertanto, il ricorrente nel ritenere applicabile alla fattispecie l’art. 1101 2 c. Cod. Civ., dal momento che, essendo stato l’ascensore installato con il consenso e la spesa di tutti i condomini, la comproprietà sullo stesso è comune a tutti i condomini, a nulla rilevando a tal fine il differente contributo finanziario degli stessi, contributo che ove accertato, per ciascun condomino di entità maggiore della quota di comproprietà non può che dar luogo ad un diritto di credito del singolo, verso il condominio.

Lo stesso, comunque, è a dirsi anche in relazione alla ritenuta (dai ricorrenti) applicabilità dell’art. 1101 2^ c. Cod. Civ., considerato che, nella comunione le quote di comproprietà, in mancanza di titolo contrario, si presumono uguali, e coloro che hanno pagato in più, possono vantare solo un credito verso gli altri comunisti.

Infondato è, infine, il rilievo sub c) del motivo in esame, dal momento che, come la giurisprudenza di questa Corta ha affermato (v. sentt. 6202/98; 431/90; 5794/83), l’esistenza della tabella millesimale non costituisce requisito di validità delle delibere assembleari, dato che il criterio per la determinazione delle singole quote preesiste alle tabelle, derivando dal rapporto tra il valore dell’intero edificio e quello della proprietà singola; rapporto che, nella specie come indicato dalla Corte d’appello, è stato di fatto determinato ed applicato.

Il ricorso va, quindi, respinto.

Segue alla soccombenza la condanna dei ricorrenti al pagamento in favore della controparte, delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle controparti, spese liquidate in E. 100,00 oltre E. 1000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2004.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2005.

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