Giudice di Pace di Arcidosso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI ARCIDOSSO
in persona del Giudice di Pace Dott. Patrizia Giraldi
ha emesso la seguente
SENTENZA
Nella causa civile avente ad oggetto opposizione a sanzione amministrativa, rubricata al R.G. n. (…), promossa da:
Ca. legale rappresentante della T. S.r.l.,
contro
Comune di Ci.
Conclusioni delle parti
Per il ricorrente: accoglimento del ricorso
Per il resistente: rigetto del ricorso, conferma del verbale
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente proposto, la Sig.ra Ca., non in proprio ma quale legale rappresentante della T. S.r.l., si opponeva al verbale di contestazione n. (…) elevato dalla Polizia Municipale di Ci. e notificato il (…) per asserita violazione dell’art. 180 c. 8 C.d.S., per non aver comunicato i dati personali e della patente di guida del conducente al momento della infrazione contestata con il precedente verbale n. (…) del (…) e già tempestivamente pagato.
Assumeva, infatti, la ricorrente di aver fatto pervenire all’Autorità, tempestivamente, una dichiarazione nella quale esprimeva la impossibilità di individuare con certezza il nome del conducente.
Sollevava, inoltre, la ricorrente questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 180 comma 8 C.d.S. sotto il profilo della irragionevolezza e inutilità della previsione, violazione del diritto alla riservatezza, chiedendo che venisse pronunciata la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni con ogni conseguente provvedimento.
Si costituiva il Comune resistente opponendosi alle argomentazioni tutte della ricorrente ed appellandosi, comunque, alla doverosa applicazione della legge come scritta e come riconfermata dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 27 del 24.01.2005.
Le parti concludevano come in epigrafe riportato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
In sostanza la sanzione prevista dall’articolo 180 c. 8 C.d.S., viene sostanzialmente richiamato dall’art. 126 bis comma 2 laddove, nell’ipotesi di mancata identificazione del conducente ed effettivo trasgressore, ponendo a carico del proprietario del veicolo, persona giuridica, l’onere di fornire i dati relativi al conducente, commina la sanzione prevedendo che “se il proprietario del veicolo, senza giustificato motivo omette di fornirli, si applica a suo carico la sanzione prevista dall’art. 180 c. 8 C.d.S.”. L’applicabilità di detta disposizione anche al proprietario persona fisica, è stata recentemente affermata dalla Corte Costituzionale con Sent. n. 27/2005.
La lettura e l’applicazione di tale norma (126 bis c. 2) non possono prescindere dalla lettura e dalla considerazione sistematica con l’art. 180 c. 8 C.d.S. di cui rappresenta una ulteriore applicazione.
L’art. 180 c. 8 C.d.S. – coerentemente ai principi costituzionali ed ai principi generali informatori anche della L. n. 689/81, art. 2 e 3, nel quale ultimo espressamente si dispone che “nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa – recita testualmente “chiunque senza giustificato motivo non ottempera all’invito dell’autorità di presentarsi … (omissis) … per fornire informazioni … ai fini dell’accertamento delle violazioni … è soggetto alla sanzione amministrativa da € 357,00 ad € 1.433,00”.
Dall’analisi comparata e sistematica delle due correlate norme, alla luce dei principi costituzionali della personalità della pena, della consapevolezza, volontà e della colpa, e nel rispetto dell’ulteriore principio consacrato nell’art. 650 c.p., pare a questo giudicante che sia possibile una interpretazione ed una applicazione di esse costituzionalmente coerenti.
L’art. 650 c.p. sanziona il mancato rispetto di un provvedimento o di un ordine senza giustificato motivo (n.d.r. e quindi con colpa) non ottempera l’invito (n.d.r. e quindi comportamento omissivo, negligente, di mancato ossequio all’ordine e/o invito dell’autorità) è soggetto a sanzione …”.
Nullum crimen sine lege, nulla poena sine lege e nulla poena sine crimine: il principio della tassatività delle fattispecie sanzionabili e della riserva di legge sulla pena, costituzionalmente sanciti, rispondono al criterio secondo il quale ad ogni norma sanzionatoria deve essere anticipata una norma prescrittiva.
Orbene, una lettura costituzionalmente coerente conduce questo giudicante a ritenere che l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 180 c. 8 sia legittimamente applicata al negligente ed omissivo comportamento di colui che ignorando l’invito lasci trascorrere il termine senza presentarsi o comunque rendersi presente, e non anche a chi, presentatosi o comunque attivatosi con congruente comportamento, non sia in grado – o comunque in tal senso
configuri la propria dichiarazione – di fornire i dati richiesti.
Né la norma contestata può indurre il cittadino – persona fisica o legale rappresentate della persona giuridica – violando i principi informatori del nostro ordinamento, al rischio di incorrere nel reato di falso laddove rilasci dichiarazioni non corrispondenti alla verità.
Il tempo intercorrente tra violazione e contestazione, le situazioni di fatto soggettive e relative a ciascun individuo, consentono di ritenere legittima l’amnesia o l’ignoranza: né si può presumere la malafede ché nel nostro ordinamento si presume l’esatto contrario (poiché ciò che si può presumere fino a prova contraria è solamente la buona fede).
Con particolare riferimento alla responsabilità in capo al legale rappresentante della persona giuridica non vi è norma che istituisca una culpa in vigilando con riferimento alla conduzione del veicolo aziendale, onde l’unico comportamento sanzionabile, cui la norma possa rivolgersi, è quello in essa stessa previsto ed inequivocabilmente espresso “mancata ottemperanza all’invito di presentarsi e senza giustificato motivo”.
L’esito, poi, della presentazione della dichiarazione non è sanzionato né sanzionabile, poiché, a contrario, si investirebbe l’individuo privato di un potere-dovere altamente investigativo ed inquisitorio (sia in famiglia che in azienda) di squisita competenza Statale, lo si esporrebbe ad una indebita violazione della privacy, alla delazione coatta, al rischio di falsa dichiarazione ed alla difficoltà, per non dire alla impossibilità, di esercitare il diritto di difesa (laddove sia costretto a denunciare sé stesso) oltre che il diritto al silenzio che è riconosciuto inviolabile a favore di qualsiasi imputato ed anche a qualsiasi teste nel caso di dubbio o di carenza di memoria. Il diritto alla propria difesa (non denunciando sé stesso) ed al silenzio configurano quella “facoltà legittima” di cui all’art. 4 della L. 689/81, innegabilmente garantito dalla carta Fondamentale.
Monstrum juris: sanzionando il silenzio si viola qualsiasi principio garantistico e di libertà, si sanzionerebbe il dubbio, la fondata ignoranza del fatto, e così via.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Arcidosso, visti gli atti e la trattazione eseguita, accogliendo l’opposizione proposta, annulla il provvedimento impugnato dalla ricorrente T. S.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore e cioè il verbale n. (…) del 08.03.2005 emesso dalla Polizia Municipale del Comune di Ci..