Provvisoria esecutività del capo della sentenza relativo alle spese

di | 11 Novembre 2004
La Corte di Cassazione Sez. III civile, con la Sentenza 10 novembre 2004, n. 21367 ha stabilito che, ai sensi del novellato articolo 282 del codice di procedura civile, deve ritenersi oggi legittimamente predicabile la provvisoria esecutività di tutti i capi delle sentenze di primo grado aventi portata condannatoria (quale quello relativo alle spese di giudizio), trattandosi di un meccanismo del tutto automatico e non subordinato all’accoglimento o meno della domanda introdotta dalle parti.

 

Svolgimento del processo

Alessandro D. convenne in giudizio Emanuele U. dinanzi al tribunale di Udine per sentir accogliere l’appello da lui proposto avverso una sentenza resa dal pretore della stessa città con la quale, il 6 agosto 1998, era stata rigettata la sua opposizione ad un precetto di pagamento notificatogli, ad istanza dell’appellato, il precedente 13 novembre 1997.

A sostegno dell’impugnazione, il D. lamenterà che il primo giudice aveva, in sentenza, del tutto infondatamente predicata la esistenza, nei suoi confronti, ed in favore dell’U., di un valido titolo esecutivo per procedere ad esecuzione forzata, nonostante la relativa vicenda processuale avesse preso spunto da una domanda originariamente proposta da lui stesso nei confronti dell’U., domanda il cui rigetto aveva comportato la sua condanna al pagamento delle spese del processo, senza che tale condanna potesse, peraltro, risultare idoneo a fondare un’azione in executiviis (trattandosi, appunto, di pronuncia di rigetto di domanda e non di condanna). Nè poteva, all’uopo, spiegare influenza la circostanza per la quale la sentenza era stata – del tutto erroneamente – munita di formula esecutiva: il capo relativo alle spese processuali – sosterrà, difatti, l’appellante – era in tal caso idoneo a costituire titolo esecutivo solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza stessa (ciò che, al momento della notifica del precetto, non si era ancora verificato).

Il giudice di appello, dopo aver premesso di condividere il principio di diritto secondo il quale soltanto la sentenza di condanna può, per sua natura, costituire titolo esecutivo – sicchè soltanto per essa può concepirsi l’esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. (da escludersi, per converso, per le sentenze di accertamento o costitutive) -, rigetterà l’appello, sostenendo che – diversamente da quanto predicabile per le sentenze relative a giudizi iniziati prima del 1^ gennaio 1993 e pubblicate anteriormente al 19.4.1995 (per le quali, in applicazione del previgente art. 282 c.p.c., l’esecutività del capo della sentenza relativo alle spese del giudizio era limitata ai soli casi in cui esso fosse accessorio ad una pronuncia di condanna a sua volta esecutiva) – a seguito dell’entrata in vigore del novellato art. 282 del codice di rito “non vi è motivo alcuno per non applicare l’esecutività provvisoria delle sentenze di primo grado a tutti i capi aventi portata condannatoria, ivi compreso quello relativo alla rifusione delle spese processuali”.

Ricorre avverso questa pronuncia il D., sulla base di un unico, articolato motivo.

Resiste con contro-ricorso, e presenta altresì ricorso incidentale condizionato Emanuele U..

Il ricorrente principale resiste, a sua volta, con contro-ricorso al ricorso incidentale.

Il resistente – ricorrente incidentale ha depositato tempestiva memoria, ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
A tale rigetto consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

La questione di diritto dibattuta nel presente giudizio – questione già affrontata, in passato, da questa Corte e risolta in senso conforme alla soluzione auspicata dal ricorrente principale, soluzione che, peraltro, questa collegio ritiene di non poter condividere – è quella se una pronuncia (dichiarativa) di rigetto della domanda principale, sprovvista di efficacia esecutiva, comporti la conseguente inidoneità a dispiegare tale efficacia anche con riguardo alla statuizione accessoria di condanna alle spese del giudizio, alla luce di quanto oggi disposto dal novellato art. 282 c.p.c..

Come accennato in premessa, e come analiticamente esposto dal ricorrente principale, questa Corte ha già avuto modo di occuparsi ex professo del problema, predicando, in linea generale, il principio secondo il quale (Cass. sez. 1^, 6.2.1999, n. 1037) l’anticipazione dell’efficacia della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicato ha riguardo soltanto al momento della esecutività della pronuncia, con la conseguenza (atteso il nesso di correlazione necessaria tra condanna ed esecuzione forzata) che la disciplina dell’esecuzione provvisoria di cui all’art. 282 cod. proc. civ. trova legittima attuazione soltanto con riferimento alle sentenze di condanna, le unione idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo, postulando il concetto stesso di esecuzione un’esigenza di adeguamento della realtà al decisum che, evidentemente, manca sia nelle pronunce di natura costitutiva che in quelle di accertamento (il principio è stato affermato dalla S.C. per negare, nella specie, che la provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado resa in sede di accoglimento di un’azione ex art. 2932 proposta dal promissario acquirente di un immobile potesse risultare ostativa all’esercizio, da parte del curatore del fallimento del promittente venditore, della facoltà di recedere dal contratto preliminare, giusta disposto dell’art. 72 legge fall.;. Tale regula iuris è stata, ancora di recente, ribadita e ulteriormente precisata da altra pronuncia (Cass. sez. 2^, 12.7.2000, n. 9236), a mente della quale la condanna alle spese di giudizio contenuta nella sentenza di primo grado può costituire titolo esecutivo, a norma dell’art. 414 cod. proc. civ., soltanto nel caso in cui essa risulti accessoria ad una sentenza di condanna dichiarata provvisoriamente esecutiva ex art. 282 stesso codice (ovvero ad una sentenza esecutiva per espressa previsione di legge), ma non quando consegua alla decisione di rigetto della domanda oggetto del giudizio (nei medesimi sensi, in passato, si era ancora espressa Cass. 25 maggio 1993, n. 5837).

Pare opportuno, per addivenire ad una soddisfacente soluzione della questione, prendere le mosse proprio dalla motivazione della sentenza 9236/2000, che si occupa funditus del problema della condanna alle spese.

Questi i punti salienti dei relativi passaggi motivazionali:
1. L’art. 282 c.p.c., nella sua nuova formulazione, stabilisce che “la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti” (mentre, simmetricamente, il nuovo testo dell’art. 337 c.p.c. sancisce che “l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione”), laddove la norma abrogata prevedeva, quale facoltà per il giudice, la concessione, su espressa richiesta della parte, della “clausola” di provvisoria esecuzione, eventualmente subordinata a cauzione, qualora la domanda fosse fondata su atto pubblico o scrittura privata, ovvero se, con riferimento alla parte vittoriosa, il ritardo nell’esecuzione creasse una situazione di “pericolo”. La concessione della clausola era, purtuttavia, sempre prevista nel caso di sentenza di condanna al pagamento di provvisionali o di prestazioni alimentari (salvo “gravi motivi contrari”), mentre l’esecutività ex lege delle decisioni di primo grado era già stata introdotta, tra l’altro, nell’ambito del rito del lavoro, per le condanne al pagamento di crediti in favore del lavoratore secondo il sistema di cui all’art. 431, nonchè estesa ai “riti speciali” collegati, relativi alle controversie in materia di locazione e a quelle di competenza delle sezioni specializzate agrarie.
2. Il riferimento, in tali ipotesi, alle sentenze di condanna, ha fatto sorgere il problema se la provvisoria esecuzione secondo il disposto dell’art. 282 novellato, privo di alcuna specificazione in parte qua, andasse riferita alle sentenze di primo grado pronunciative di condanna.
3. In dottrina come in giurisprudenza, si discute da tempo se la provvisoria esecutività si riferisca solo alla anticipazione della efficacia esecutiva della sentenza rispetto al momento del suo passaggio in giudicato, od anche ad altri tipi di sentenza, ed in particolare alle pronunce inibitorie e di accertamento costitutivo.
4. Il riferimento tout court della norma alla sentenza di primo grado parrebbe frutto indiscutibile di una scelta di rifiutare un più circoscritto e qualificato riferimento, tanto più che, in sede di lavori preparatori, l’emendamento volto a puntualizzare il riferimento alle sole sentenze di condanna venne criticato e respinto soprattutto con la considerazione che si sarebbe svuotata di molto l’utilità che era lecito ripromettersi dalla nuova soluzione a favore della generalizzata esecutività, applicabile anche a talune sentenze dichiarative o costitutive, specie in tema di diritto di famiglia.
5. Nonostante tali indicazioni dei lavori preparatori, la soluzione di segno restrittivo merita ancor oggi adesione: affinchè vi sia una anticipazione della efficacia di accertamento e/o costitutiva della sentenza rispetto al momento della formazione del giudicato formale è necessario che vi sia una specifica previsione normativa (come ad es. quella dell’art. 421 c.c.), la quale, invece, nel testo novellato dell’art. 282 c.p.c., al pari di quello precedente, manca del tutto, essendo irrilevanti le aspirazioni manifestate in sede di lavori preparatori di un più tempestivo dispiegarsi della tutela di accertamento e/o costitutiva (nè va sottaciuto che, a conferma della soluzione restrittiva, si rinvengono precisi riscontri testuali: gli artt. 431 e 447 bis c.p.c. si riferiscono univocamente alla sola ipotesi di sentenza di condanna, mentre l’art. 283 c.p.c., dettato per regolare la sospensione dell’esecuzione provvisoria generalizzata sancita appunto dall’art. 282 c.p.c., prevede che l’inibitoria attenga proprio (e solo) alla “efficacia esecutiva” della sentenza di primo grado.
6. Queste considerazioni trovano puntuale riscontro nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. 6 febbraio 1999 n. 10379) secondo la quale (come si è già avuto modo di sottolineare in precedenza) l’anticipazione dell’efficacia della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicato riguarda soltanto il momento della esecutività della pronuncia, con la conseguenza, per la necessaria correlazione tra condanna ed esecuzione forzata, che la disciplina dell’esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. trova legittima attuazione solo con riferimento alla sentenza di condanna, poichè è l’unica che possa, per sua natura, costituire titolo esecutivo.
7. Nel sistema processuale vigente si deve pertanto ritenere che il “capo” della sentenza relativo alle spese del giudizio sia senz’altro accessorio rispetto a quello con il quale è stato definito il giudizio (secondo la giurisprudenza di questa Corte, la decisione sulle spese del giudizio costituisce un accessorio della decisione sul merito e deve, quindi, seguire la stessa sorte di quest’ultima:
Cass. 24 maggio 1993 n. 5837; 13 luglio 1971 n. 229), di talchè, ai fini dell’esecutorietà del “capo” della sentenza relativo alla condanna alle spese del giudizio, occorre risalire al regime di esecutorietà della sentenza che definisce il giudizio, necessaria appalesandosi l’ulteriore circostanza che la sentenza sul “capo” principale sia provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 c.p.c., oppure sia esecutiva per esplicita disposizione di legge (come ad esempio nell’ipotesi indicata dall’art. 431 dello stesso codice).
8. Nel caso specifico, la sentenza contenente la condanna alle spese – e fatta valere come titolo esecutivo – è costituita da una decisione del giudice di merito che, sul capo principale, non è sentenza di condanna, ma di rigetto della domanda oggetto del giudizio, alla quale si aggiunge la decisione di condanna dell’attore al pagamento delle spese processuali, sicchè, in base ai principi indicati in tema di accessorietà della condanna alle spese del giudizio, tale statuizione non è titolo che da “luogo” (come si esprime l’art. 474 c.p.c.) all’esecuzione, in quanto non accede ad una decisione di condanna provvisoriamente esecutiva in base all’art. 282 c.p.c., essendo la decisione sul capo principale non di condanna ma di semplice rigetto della domanda.

L’approfondito excursus circa la portata innovativa della novella dell’art. 282 c.p.c. in ordine alla provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo grado contenuto nella sentenza della 2^ sezione di questa Corte consente, in limine, di ignorare le indicazioni (sicuramente fuorvianti) dei relativi lavori preparatori, e di prestare adesione, assieme alla giurisprudenza di legittimità pressochè unanime e ad una significativa parte della dottrina, all’orientamento di segno restrittivo che ricollega alle sole sentenze di condanna la immediata esecutorietà, continuando ad escluderla per quelle di accertamento e costitutive (per le quali, conseguentemente, non basterà, all’uopo, nè una sentenza di primo grado, nè una di appello, fino a che non sopravvenga il momento del passaggio in giudicato, a tutt’oggi decisivo ai fini de quibus, giusta disposto degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. – norma, quest’ultima, sulla quale, in ipotesi, il legislatore potrà determinarsi ad intervenire onde legittimamente perseguire il fine anticipatorio di cui si discorre). Sul tema generale della natura della sentenza, dunque, l’arco della evoluzione giurisprudenziale, nel periodo 1993 – 2000, non conosce oscillazioni – mentre parte non marginale della dottrina processual civilistica ha, viceversa, proposto non pochi e non superficiali spunti di riflessione maggiormente “elastici”, in parte qua -.
Il dissenso del collegio rispetto a quanto in passato sostenuto da questa Corte investe, piuttosto, la disciplina relativa al capo accessorio delle spese, ad un decisum parziale, cioè, suscettibile di valere, nella sua generalità, per tutti i casi in cui la sentenza accolga azioni non di condanna, ovvero rigetti qualsi-voglia tipo di azione (e il problema potrebbe del tutto legittimamente prospettarsi, in termini analoghi, con riferimento alle stesse sentenze di appello di analoga portata prima del loro passaggio in giudicato, sentenze che, ove non assistite dalla mancata interposizione del ricorso per Cassazione o dal suo rigetto, non producono, a loro volta, effetti di accertamento o costitutivi).

Orbene, a fronte di pronunce reputate ex lege efficaci in executiviis quanto alle loro statuizioni (principali) di condanna, non pare legittimamente predicabile (nè sembra legittimamente rinvenibile un relativo fondamento normativo ad excludendum) il principio per cui, se i capi di accertamento o costitutivi non possono godere di anticipazioni dell’efficacia ex artt. 2909 e 2908 c.c. ad un momento anteriore al passaggio in giudicato, in ordine ai capi di condanna accessori debba valere la medesima disciplina, senza che, per converso, possa invece predicarsene la provvisoria esecutorietà, in virtù dell’immediata efficacia endoprocessuale di qualsiasi pronuncia di condanna (tale essendo, inconfutabilmente, quella alle spese).

Condurre alle estreme (ma non fisiologiche) conseguenze il principio di diritto meramente sostanziale accessorium sequitur principale, così assecondando un’operazione di acritica traslazione di tale regula iuris in seno all’ordinamento processuale, si risolve nel compimento di un’attività esegetica oggi non fondata su alcuna norma di diritto positivo, di un’operazione ermeneutica che, tra l’altro, parrebbe risentire non poco del condizionamento di argomentazioni sicuramente legittime vigente il vecchio testo dell’art. 282 (ritenendosi, all’epoca, che la clausola di provvisoria esecuzione ivi prevista andasse concessa se accordata anche per il merito, salva esplicita esclusione – così già Cass. 8 marzo 1952, n. 1302; 13 luglio 1971, n. 2291 -: la stessa dottrina, quando la sentenza di merito fosse stata di mero accertamento e/o costitutiva, negava in larga maggioranza la possibilità di munire la consequenziale condanna alle spese della clausola de qua), ma oggi non confortata da alcuna esplicita conferma di diritto positivo.

Va, pertanto, affermato il diverso principio di diritto secondo il quale, ai sensi del novellato articolo 282 del codice di procedura civile, deve ritenersi oggi legittimamente predicabile la provvisoria esecutività di tutti i capi delle sentenze di primo grado aventi portata condannatoria (quale quello relativo alle spese di giudizio), trattandosi di un meccanismo del tutto automatico e non subordinato all’accoglimento o meno della domanda (qual che essa sia) introdotta dalle parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 luglio 2004.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2004.

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